Il 66% è soddisfatto dello smart working (Eurispes)

Il 49% ha lavorato da casa dall'inizio dell'emergenza, il 4,9% lo faceva prima della pandemia

FEB 22, 2021 -

Roma, 22 feb. (askanews) – Il 66,2% di chi, a causa del Covid, in Italia ha lavorato in smart si dice soddisfatto rispetto all’organizzazione del lavoro, il 62% riguardo alla gestione dei tempi e degli orari. Più della metà del campione si è inoltre trovato bene nel coordinamento con i colleghi (57,5%), con i superiori (56,4%) e con il carico di lavoro (56,2%). Se prevalgono le esperienze positive, occorre però sottolineare la percentuale non trascurabile di lavoratori a distanza che si sono trovati in difficoltà; in particolare, il 18,7% si dice per nulla soddisfatto del coordinamento con i superiori, il 18,3% del carico di lavoro. I monogenitori con figli (78,6%) e le coppie con figli (62,7%) sono i più soddisfatti dello smart working in relazione alla gestione dei tempi e degli orari. È quanto emerge dall’indagine Eurispes “Un anno di Covid in Italia” presentata oggi.

In smart working la netta maggioranza dei lavoratori ha gestito meglio gli impegni familiari e domestici (60%) e si è sentita più libera (58,2%). D’altra parte, si sono sperimentate anche sensazioni negative: al 64,2% è mancata la compagnia dei colleghi e per il 53,9% le giornate lavorative sono state più noiose. Il 46,5% dei lavoratori ritiene di essere stato/a più efficiente nel lavoro (al contrario, il 53,5% pensa di no) ed il 45,6% ha avuto difficoltà a trovare indicazioni e coordinamento nel lavoro.

Oltre un terzo dei lavoratori (34,9%) ha avuto difficoltà di carattere pratico, avendo a disposizione strumenti (pc, smartphone, connessione Internet) inadeguati/insufficienti.

Mettendo a confronto le esperienze di uomini e donne in smart working, i primi affermano con maggior frequenza di essersi sentiti più liberi (60,5% contro 55,8%), mentre le lavoratrici più spesso dichiarano di aver trovato le giornate più noiose (56,5% contro 51,4%).Tra chi vive solo sono più numerosi coloro che hanno sentito la mancanza dei colleghi – 68,2%, a fronte del 50%, in particolare, dei monogenitori con prole -, e coloro che hanno trovato le giornate lavorative più noiose – 64,8%, a fronte del 47,2% delle coppie con figli, del 53,6% dei nuclei monogenitoriali e del 55,2% delle coppie senza figli.

Secondo il dossier dell’Eurispes, tra coloro che lavorano, quasi la metà (49%) lo ha fatto in smart working dall’inizio dell’emergenza sanitaria: il 22,8% sempre o per un lungo periodo, il 26,2% occasionalmente/con turnazione/per un breve periodo. Il 4,9% dei lavoratori dichiara che già lavorava in questa modalità prima della pandemia, mentre il 46,1% risponde negativamente.

L’analisi dei dati per area geografica di residenza mette in luce situazioni differenti: la pandemia ha portato a lavorare a distanza soprattutto i residenti al Sud (il 31,8% sempre o per un lungo periodo, il 25,2% in modo temporaneo) ed al Nord (al Nord-Ovest 24,2% sempre e 28,4% temporaneamente; al Nord-Est 22,4% e 26,5%). Lo smart working ha dunque coinvolto la maggioranza dei lavoratori al Sud ed al Nord-Ovest, mentre la quota più contenuta si registra nelle Isole, dove il 12,8% già lavorava in questa modalità ed il 50% non la ha adottata neppure con l’arrivo della pandemia. Intermedia la posizione dei lavoratori del Centro Italia: 4 su 10 hanno iniziato a lavorare in smart working (13,8% sempre, 27% temporaneamente/occasionalmente), il 55% non lo ha fatto neppure in emergenza.

Con l’emergenza sanitaria hanno usufruito dello smart working la maggioranza degli impiegati (66,2%), dei dirigenti/direttivi/quadri (65,1%, ben il 46,3% sempre o per un lungo periodo), dei liberi professionisti (62,4%). Valori non trascurabili riguardano lavoratori autonomi (45,6%), imprenditori (41,8%) e Forze dell’ordine/militari (37,5%). Le percentuali più basse si trovano, comprensibilmente, tra operai (12,4%) e commercianti (13%). Lavoratori autonomi e liberi professionisti fanno registrare le quote più alte di soggetti in smart working già prima dell’inizio della pandemia (rispettivamente il 12,6% ed il 10,3%).

Aer