Ricerca Usa: anticoagulanti contrastano aggravamento Covid

Studio di University Pittsburgh, coinvolti 300 ospedali

FEB 15, 2021 -

Roma, 15 feb. (askanews) – L’ultimo studio internazionale di UPMC (University Pittsburgh Medical Center), uno dei più importanti sistemi sanitari no-profit degli Stati Uniti con sei sedi operative in Italia, ha rivelato che dosi elevate di fluidificanti del sangue, come l’eparina, possono aiutare i pazienti affetti da Covid-19, non in terapia intensiva, ad evitare la necessità di un supporto vitale agli organi, riducendo le probabilità di coagulazione del sangue e l’infiammazione che porta a insufficienza polmonare, infarto e ictus.

I risultati di questa ricerca internazionale, che ha coinvolto 300 ospedali nei 5 continenti, sono stati rilasciati nei giorni scorsi dal National Institutes of Health degli Stati Uniti. “Quasi tutti i pazienti COVID-19 ospedalizzati attualmente ricevono basse dosi di un diluente del sangue per cercare di prevenire la formazione di coaguli ma i nuovi risultati di questo studio di UPMC mostrano che dosi massicce di anticoagulanti portano ai pazienti ricoverati, ma non gravemente malati, un beneficio significativo”, ha dichiarato Bruno Gridelli, Vice Presidente Esecutivo di UPMC International e Country Manager di UPMC in Italia.

“Le persone gravemente malate, che possono essere curate da farmaci steroidei, potrebbero invece secondo i ricercatori essere danneggiate da questo tipo di trattamento. Per questo è determinante definire quando un paziente è ‘moderatamente malato’, valutazione su cui i professionisti di UPMC eccellono”.

Lo studio di UPMC si basa sui risultati provenienti da tre grandi piattaforme di sperimentazione che hanno testato la terapia in questione e raccolto dati sufficienti a raggiungere la valenza statistica necessaria per trarre conclusioni più velocemente: ATTACC (che coinvolge prevalentemente il Canada), REMAP (che coinvolge prevalentemente Europa/UK, oltre che Australia e Brasile) e ACTIV-4 (che coinvolge prevalentemente gli USA).

Con questo approccio, i centri medici come UPMC, rilevando in anticipo quando i pazienti sono possibilmente reattivi ai diluenti del sangue tramite una valutazione dell’intensità dell’infezione, sono in grado di mantenere i pazienti, anche in gravi condizioni, fuori dalla terapia intensiva più a lungo.

Per ottenere i dati necessari i pazienti sottoposti alle cure sono stati seguiti per tre settimane, terminate le quali il DSMB (Data and safety monitoring board) ha dichiarato l’affidabilità dei risultati e interrotto la randomizzazione dei pazienti, fornendo a tutti i diluenti in dose piena. Al momento un secondo gruppo di pazienti è sottoposto al trattamento per altre tre settimane.