Governo, Rossini (Acli): reddito cittadinanza così non va. Draghi lo sa

Tutela passiva non basta servono politiche attive: situazione disastrosa

FEB 9, 2021 -

Roma, 9 feb. (askanews) – “Il reddito di cittadinanza, dal punto di vista della povertà bisogna dire che sta funzionando, però è una tutela passiva: fornisce un assegno, non ha quella caratteristica attiva in base alla quale dovrebbe dire: ti fornisco un assegno a condizione che tu sia disponibile a trovare un lavoro o in alternativa a formarti per un lavoro che c’è”. Lo spiega Roberto Rossini, presidente nazionale delle Acli, contattato da Askanews anche in vista di un prossimo incontro del presidente del consiglio nominato, Mario Draghi, con le parti sociali.

“La nostra posizione è chiara – spiega -: bisogna recuperare sul piano sociale, perchè abbiamo di fronte una situazione disastrosa: fra pochi mesi se non viene spostata la norma antilicenziamento avremo qualche centinaia di migliaia di lavoratori che non avranno più il lavoro, oltre al fatto che abbiamo già perso 500mila posti di lavoro. E’ evidente che siamo di fronte a una crisi sociale piuttosto pesante sulla quale un’idea bisogna averla, sia in termini di tutela passiva attraverso la riforma del reddito di cittadinanza, sia in forma attiva attraverso altre politiche del lavoro, perchè è chiaro che se non metti in campo delle politiche attive del lavoro non esci da una situazione così”.

Il reddito di cittadinanza oggi è nel mirino di molti, ma come andrebbe rivisto?

“Ci sono banche dati – spiega – che ci dicono che mancano migliaia di profili in Italia, per i quali non ci sono persone formate e le aziende non trovano queste figure professionali: quindi sarebbe opportuno dare a tutti la possibilità di fare formazione ed offrire un sussidio subordinato al fatto di seguire un periodo di formazione per trovare un lavoro”.

I giovani che non studiano e non lavorano “non è più possibile considerarli un’emergenza, perchè ormai in Italia sono troppi anni che la situazione è questa. Garanzia Giovani ha dato qualche strumento, ma finchè non si trova un collegamento virtuoso tra il mondo delle imprese e il mondo della formazione non si va molto lontano. Se io faccio passare i centri per l’impiego per i navigator faccio uno sbaglio, se invece li collego ai centri di formazione professionale, pubblici o privati, faccio un lavoro diverso. Perchè i centri di formazione professionale hanno già dei legami con l’impresa: fanno i corsi proprio tenendo conto della domanda delle imprese. E infatti funzionano. Tanto è vero che l’80% di chi ha un diploma di formazione professionale ha un lavoro, tra l’altro, coerente con il titolo di studio. Quindi è ovvio che ci troviamo di fronte a una potenzialità inespressa”.

“Draghi è sensibile sotto questo profilo – sottolinea Rossini – . Molte aziende, ad esempio, si fanno da sole la formazione professionale, magari ad alto livello, perchè hanno bisogno di un determinato tipo di tecnico, si chiama formazione terziaria. Noi dobbiamo sviluppare tutto il ramo della formazione professionale e della formazione terziaria: Draghi è certamente sensibile a questo discorso perchè questo ciclo di formazione è presente in Francia e in Germania in maniera piuttosto significativa. In Italia no. Credo che nelle politiche attive del lavoro questa debba essere la priorità. Oltre ovviamente all’idea di un welfare più omogeneo in tutta Italia”.