Agroalimentare, Crea: grande capacità reazione sistema a Covid

Boom delivery e e-commerce, tengono vino e ortofrutta

GEN 22, 2021 -

Roma, 22 gen. (askanews) – In tempo di Covid il sistema agro-alimentare italiano si è dimostrato uno dei cardini dell’economia nazionale. È un sistema che vale oltre 522 miliardi di euro in tutte le sue componenti (agricoltura, agroindustria, servizi legati al cibo) pari ad oltre il 15% del PIL italiano. E la capacità di reazione del sistema in tutte le sue componenti (produttori, logistica, pubblica amministrazione) si è dimostrata adeguata alla gravità della crisi. È questo il quadro generale che emerge dall’analisi fatta dal Crea nell’annuario dell’agricoltura italiana 2019, all’interno del quale sono anticipati anche i dati dei primi 9 mesi del 2020 inquadrati nell’ambito della pandemia da Covid-19 e anticipate alcune tendenze per i mesi futuri.

In due capitoli il Crea descrive la capacità di reazione del settore della distribuzione alimentare, propone un approfondimento dedicato ai consumi e ai cambiamenti delle abitudini alimentari determinati dalla quarantena. E, infine dedica un focus, realizzato dalla Fipe, dedicato alle consegne a domicilio nell’ambito della ristorazione.

Nel corso di questa pandemia, si stima che verranno bruciati circa 116 miliardi di consumi. Il crollo investe tutti i tutti i settori, soprattutto al Nord, ma è la ristorazione che, ad oggi, ha subìto l’impatto più negativo (-33% secondo le stime della prima fase). Con il lockdown, la distribuzione ha adottato nuovi modelli di servizio, decretando il boom dei processi di delivery. L’e-commerce ha raggiunto livelli di crescita (da +80% a +160% su base annua) che, ad oggi, non mostrano segnali di rallentamento.

Com’era prevedibile, insomma, il Covid-19 muterà i rapporti di forza tra le varie componenti della filiera (soprattutto industria alimentare e distribuzione) e, in questo contesto, sembrano favoriti gli operatori impegnati nei canali virtuali e quelli radicati sul territorio (sia produttori che distributori), a svantaggio delle reti di vendita mass market e delle multinazionali.

La quarantena ha modificato anche le abitudini alimentari: da rilevare in positivo, e in sintonia con le raccomandazioni nutrizionali, un maggiore consumo di prodotti vegetali: nel 33% dei casi per la verdura, nel 29% per la frutta, nel 26% per legumi e, nel 21% per l’olio di oliva, nonchè un aumento nel consumo di acqua. In negativo, occorre sottolineare l’eccesso di consumo di carne rossa e dolciumi e la diminuzione rilevata per pesce, pasta e riso integrali.

Il food delivery è stato l’ancora di salvezza per la ristorazione: non più servizio aggiuntivo, ma punto di forza per rimanere sul mercato. Prima del lockdown solo il 5,4% delle imprese della ristorazione era in grado di fornire un servizio di delivery; il 10,4% si era subito attivato per svilupparlo, mentre il restante 85% affermava di non avere intenzione di muoversi in questa direzione. Nel quadro di una situazione che appariva drammatica, il 23,5% dei ristoratori segnalava una buona crescita della domanda di cibo a domicilio, mentre il 35% percepiva segnali incoraggianti da parte di un mercato disorientato e allarmato. L’home delivery continuerà ad essere un driver di sviluppo fondamentale per la ristorazione, anche quando le attività potranno tornare a svolgere i servizi tradizionali.

Agricoltura e industria alimentare risultano tra i settori più resilienti di fronte alla crisi in corso rispetto alla media generale dell’economia. Nel complesso, entrambe le componenti hanno mostrato nel corso degli anni recenti dinamiche interne di grande interesse e segnali di sviluppo promettenti. Se è vero che del valore aggiunto di agricoltura e industria alimentare supera il 4% del PIL nazionale, includendo i settori a valle – commercio all’ingrosso e al dettaglio, ristorazione – si raggiunge, come detto, nel complesso una incidenza pari al 15% sul totale dell’economia nazionale, come media degli ultimi anni.

Nel 2020 l’emergenza Covid ha pesato gravemente sul comparto del florovivaismo, che ha molto risentito degli effetti del lockdown e della crisi innescata dal Covid-19 per via della chiusura dei canali di vendita interni ed internazionali.

L’emergenza Covid-19 ha pesato in misura limitata sulla filiera degli ortaggi e della frutta, e meno di quanto atteso su quella del vino, con effetti differenziati sugli attori riconducibili ai nuovi modelli di consumo e alla chiusura del canale Ho.Re.Ca.. Anzi, nel settore vino alcune tipologie sono riuscite addirittura a migliorare il posizionamento grazie agli stretti rapporti con la Gdo (grande distribuzione organizzata, ndr.) e innovando l’offerta di servizi digitali.

Un altro comparto che è stato molto colpito è quello dell’agriturismo, che ha però reagito creando innovazione nei servizi e facendo più perno sulla clientela nazionale. Per l’olio d’oliva le referenze presenti nella GDO hanno goduto dell’aumento dei consumi domestici, mentre è venuta a mancare la domanda del canale Ho.Re.Ca. e quella alimentata dal turismo, soprattutto enogastronomico. Le attività zootecniche, invece, hanno risentito soprattutto dei rallentamenti nelle macellazioni, a causa della necessità di riorganizzare le strutture per ridurre i rischi di contagio tra gli operatori. “In ogni caso – spiega il Crea – straordinaria è stata la risposta dell’intero settore per assicurare ai cittadini di ogni regione italiana, anche in periodo di lockdown, la normale offerta di cibi di qualità”.