Piano pandemico, la Finanza al ministero della Salute e Iss

Acquisizione di documenti disposta dalla procura di Bergamo

GEN 14, 2021 -

Milano, 14 gen. (askanews) – L’Italia si era dotata di un piano pandemico adeguato per fronteggiare l’emergenza Coronavirus? Esisteva un documento espressamente dedicato alla strategia da adottare di fronte all’esplosione di una pandemia di portata mondiale come il Covid? Secondo la ricostruzione dei magistrati di Bergamo che indagano sulle possibili carenze nella gestione dell’emergenza Coronavirus, la risposta è no. Stando a quanto finora accertato nell’inchiesta, l’ultimo aggiornamento del piano risale al 2017, ma non è altro che un copia e incolla del documento precedente, datato 2006. Il sospetto dei pm diretti dal procuratore Antonio Chiappani è che il boom di morti e contagi che ha travolto la Lombardia e in particolare il territorio di Bergamo durante la prima ondata del Covid sia la conseguenza diretta della mancata adozione di un piano pandemico adeguato, con indicazioni precise sulle procedure da seguire in caso di emergenza.

L’inchiesta bergamasca ha subito un’accelerazione oggi, con l’acqusizione di documenti effettuata dalla Guardia di Finanza negli uffici del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità. I militari del comando provinciale, guidati dal comandate Mario Salerno, insieme ai colleghi della polizia giudiziaria, hanno acquisito documenti cartacei e digitali anche nelle sedi delle Ats di Milano e Bergamo oltre che nell’Atts Bergamo Est. Altre carte utili per lo sviluppo delle indagini sono stati acquisite a Pescara nell’ufficio di Claudio D’Amario, ex direttore generale della Prevenzione Nazionale del ministero della Salute e attuale capo del dipartimento sanità della Regione Abruzzo, uno dei dirigenti del ministero che i magistrati intendono ascoltare nei prossimi giorni come persone infomate sui fatti.

Il filone investigativo sulla mancata applicazione del piano pandemico è legato direttamente a quello sulla gestione dell’ospedale di Alzano Lombardo, comune della Bassa Val Seriana, che il 23 febbraio scorso, dopo la scoperta dei primi due pazienti positivi al Coronavirus, venne chiuso e poi riaperto nel giro di poche ore. Per ora sono 5 gli indagati per epidemia colposa e falso, tra cui l’ex direttore generale dell’assessorato al Welfare della Lombardia, Luigi Cajazzo, e il suo vice Marco Salmoiraghi. Ma per ricostruire la catena di responsabilità che portò a quella decisione, per gli inquirenti è fondamentale accertare se esistesse un piano pandemico nazionale e regionale aggiornato con le indicazioni delle procedure da seguire in caso di emergenza. “Stabiliremo chi doveva predisporlo e perché non è stato fatto”, aveva messo in chiaro il procuratore Chiappani in un’intervista rilasciata al Corriere di Bergamo a dicembre scorso. La mancata adozione del piano pandemico potrebbe prefigurare il reato di omissione di atti d’ufficio in capo ai dirigenti del ministero della Salute. In questo caso, però, l’inchiesta verrebbe trasferita alla procura di Roma per competenza territoriale.

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