Disturbi sonno? Rischio ammalarsi Parkinson entro 2 anni

Studio internazionale coordinato da ricercatori italiani

GEN 4, 2021 -

Roma, 4 gen. (askanews) – La presenza di specifici disturbi del sonno, in associazione ad altri parametri indicativi di alterazioni del funzionamento cerebrale, ‘predice’ un rischio sei volte maggiore di andare incontro al Parkinson entro breve tempo, appena 2 anni. Lo dimostra per la prima volta uno studio internazionale pubblicato sulla prestigiosa rivista Brain e coordinato da ricercatori dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino – Università di Genova, secondo cui in persone con oltre 70 anni un disturbo comportamentale nel sonno REM (RBD – REM Behavior Disorder), associato a specifici parametri clinici e di neuroimaging, è indice di un rischio quasi sei volte più elevato di sviluppare Parkinson, nei due anni successivi alla diagnosi di RBD. L’incremento della probabilità è netto in chi ha alterazioni nel funzionamento di specifiche aree cerebrali visibili alla SPECT, un esame di neuroimaging smile a una PET, deficit cognitivi e costipazione. In questi pazienti ad altissimo rischio sarà perciò possibile studiare l’effetto di terapie preventive neuroprotettive, da somministrare prima della comparsa dei sintomi per verificare se possano scongiurare lo sviluppo del Parkinson.

Lo studio retrospettivo, condotto in 9 centri in tutto il mondo, ha coinvolto oltre 300 pazienti provenienti dai centri appartenenti all’International RBD study group (IRBDSG) e seguiti per 3 anni. Tutti avevano una diagnosi di RBD confermata con polisonnografia, l’analisi delle caratteristiche del sonno: il disturbo comportamentale del sonno REM è infatti un fattore di rischio già noto per lo sviluppo di patologie in cui vi sia un accumulo di alfa-sinucleina, una proteina che altera la trasmissione di impulsi nervosi, come avviene per esempio per la malattia di Parkinson e per la demenza a corpi di Lewy. Finora, però, non si sapeva calcolare quando potessero insorgere tali patologie dopo una diagnosi di RBD. “Questo disturbo del sonno si manifesta con un’intensa attività motoria collegata a ciò che si sogna, ad esempio muovere le gambe o agitare le braccia come per volare o difendersi da qualcuno, e provocata dalla perdita della fisiologica atonia muscolare che si ha di norma in fase REM. Durante il sonno REM, infatti, nel quale sono presenti sogni più vividi e strutturati, si resta immobili anche se si sogna e si perde del tutto il tono muscolare volontario – spiega il coordinatore della ricerca Dario Arnaldi, neurologo del Dipartimento di Neuroscienze (DINOGMI) dell’Università di Genova, IRCCS Ospedale Policlinico San Martino – studiando i pazienti con RBD abbiamo verificato che la presenza di specifiche variabili cliniche e di alterazioni visibili con esami di neuroimaging, può dare indicazioni importanti sulla probabilità di sviluppare la malattia di Parkinson entro un tempo relativamente breve. I dati raccolti hanno infatti evidenziato che nei pazienti con RBD l’associazione di deficit cognitivi, costipazione e alterazione nel funzionamento di specifiche aree cerebrali rilevabili con una SPECT, si legano a un incremento di quasi sei volte, a distanza di due anni della diagnosi di RBD, del rischio di Parkinson e di altre alfa-sinucleinopatie, malattie associate al peggioramento neurologico dovuto ad un accumulo della alfa-sinucleina nel sistema nervoso”.