Sardegna: “Lo studio Rse sul sistema energetico va rivisto”

Gli ex consiglieri regionali ad Arera: No ai camion, sì alla rete

SET 22, 2020 -

Cagliari, 22 set. (askanews) – Il tema della metanizzazione in Sardegna è più che mai d’attualità in questo periodo. In particolare in questi giorni si registrano una quarantina di interventi di aventi diritto alle controdeduzioni sul rapporto Rse, ovvero lo studio commissionato da Arera, l’autorità di regolazione per energia reti e ambiente, alla società Ricerca Sistema Energetico spa, per la valutazione di possibili configurazioni infrastrutturali per lo sviluppo energetico della Sardegna. Tra il primi ad alimentare il dibattito l’associazione tra gli ex consiglieri regionali della Sardegna, che tramite un intervento del consiglio direttivo rappresentato dal presidente Eliseo Secci, rende pubbliche una serie di osservazioni. Spicca su tutte il no ai camion per il trasporto dei gas a vantaggio della rete

“Alcune risultanze dello studio appaiono incongrue e non condivisibili – si legge – dalla considerazione sul business dei consumi (ritenuti a livello sostanzialmente bassi come quelli attuali) all’ipotesi di distribuzione del metano con carri bombolai e una miriade di piccoli depositi nel territorio. La Sardegna paga più volte, nella bolletta insostenibile, una condizione da medioevo energetico insopportabile. Nel momento in cui si immaginano scenari mondiali di energia più pulita e più economica, la Sardegna, mentre si lavora ovunque per una transizione energetica di 20/30 anni per arrivare a processi e comunità alimentati da energia pulita, efficiente e economicamente sostenibile, l’isola è l’unica regione che non dispone del metano, risorsa energetica che ha accompagnato il miracolo italiano del dopoguerra e lo sviluppo industriale del Paese.

La nostra isola, nell’imminenza della decarbonizzazione prevista per le centrali elettriche, rischia di non poter utilizzare il gas metano, né di poter reimpiegare, in un circuito virtuoso, il biometano. Peggio ancora: rischia di essere esclusa dal processo green europeo per un progressivo largo impiego dell’idrogeno da fonti rinnovabili (in primis il sole), risorsa naturale disponibile, la più pulita in assoluto a detta degli scienziati e degli studiosi dell’economia, destinata a essere prodotta, stoccata e distribuita entro un decennio a prezzi assolutamente competitivi. Il treno è già partito e anche i piani europei per il Recovery Fund daranno una spinta decisa in questa direzione.

La Sardegna, se privata di infrastrutture fondamentali come depositi di stoccaggio e collegamento attraverso una rete pensata come asse portante, nativa hydrogen ready per la distribuzione a tutto il territorio regionale (e un domani più lontano anche oltre), subirebbe danni gravissimi. Sarebbe una condanna, inaccettabile, al medioevo perenne.

Lo studio riconosce che quando si parla di fabbisogno energetico serve il gas per cambiare passo nel tempo della transizione. Ma, per l’assunto sui consumi attuali e basandosi su una sorta di soddisfacimento di un positivo risultato commerciale per chi venderà metano, a cominciare dalle utenze civili, si ipotizza che la soluzione più economica sia quella di assicurare la fornitura con mezzi di trasporto stradale.

Si potrebbe anche affermare, ampliando lo studio su una prospettiva non statica dei consumi (e quindi di crescita della produzione e dell’economia) che la rete e le reti interconnesse sono vantaggiose anche dal punto di vista del business dei competitori sul mercato. La questione fondamentale è che la Sardegna deve essere messa in condizione di crescere al pari come il resto del Paese. La considerazione proposta dallo studio Rse sul fabbisogno energetico Sardo e sulla condizione migliore per soddisfarlo, a giudizio della scrivente, va rivisto.

Non appare per nulla accettabile che il fabbisogno energetico sardo rappresentato nello studio possa essere soddisfatto facendo circolare ogni giorno decine di mezzi pesanti con carico di GNL da rigassificare in un centinaio di mini depositi locali. Questa “soluzione di massa” non ha riscontri in nessuna parte del mondo. È una soluzione che non garantisce alcuna efficienza di sistema e, anzi, aggiunge tanti rischi e pericoli pubblici: dagli impatti al traffico veicolare, alla sicurezza stradale e a quella della miriade di depositi, senza contare i limiti di continuità del servizio in caso di incidenti. Anche i costi di una tale operazione sono tanti e tali da non rendere plausibile l’economicità dichiarata. I costi unitari di trasporto su gomma sono sicuramente superiori al doppio rispetto a quelli presi a misura di calcolo.

La disponibilità del gas naturale attraverso una rete di metanodotti estesa su tutto il territorio regionale consentirebbe ai consumatori sardi di energia l’accesso alle forniture alle stesse condizioni di quanto già avviene nel resto della penisola. L’assenza di una rete di metanodotti comporterebbe invece la creazione di oligopoli per la fornitura del gas naturale liquefatto tramite carri cisterna con prezzi che difficilmente potranno risultare allineati a quelli del mercato all’ingrosso Italiano del gas naturale, se non temporalmente per pure campagne commerciali accalappia cliente. Per quanto è dato di sapere il metanodotto progettato sulla base di un patto Stato-Regione, se non impedito da irragionevoli scelte politiche d’autorità, è concepito Hydrogen Ready e può essere messo a cantiere entro pochi mesi, dopo i decreti ministeriali di VIA. La Sardegna potrebbe lasciarsi alle spalle il costoso medioevo energetico cui è costretta, grazie a una moderna rete energetica regionale, che abilita lo sviluppo delle energie rinnovabili quali, ad esempio, biometano e idrogeno verde, entrambe a zero emissioni. Ci sarebbe Infatti la possibilità di immettere in rete qualsiasi quantitativo di tali gas rinnovabili, con ampia flessibilità di produzione, favorendo così il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione entro il 2050.

Lo studio, a giudizio dello scrivente, va pertanto rivisitato, tenendo conto che un ricalcolo va fatto anche sul valore e sul tempo di vita di un moderno metanodotto, che è stimato in 50 anni e non in 20 anni, con in più la valutazione del vantaggio dell’immissione di biometano (già prodotto in loco) e di idrogeno in quantità crescenti negli anni.

Si chiede, quindi, che lo studio, nella sua stesura definitiva, sia ricalibrato alla luce delle osservazioni proposte, sviluppando anche un processo econometrico di calcolo degli svantaggi della soluzione gomma e dei benefici di un sistema di metanodotti principali e locali nel tempo, per le popolazioni e per le imprese oggi escluse dalla disponibilità di energia sufficiente e più pulita a prezzi equiparati al resto d’Italia sia per i consumi termici che per le abitazioni. Buon Lavoro”