L’epidemiologo Lopalco: il coronavirus non è come un’influenza se il 20% va in ospedale

Le parole dell'esperto

FEB 23, 2020 -

Roma, 23 feb. (askanews) – “Non è assolutamente un’influenza. Non è una pandemia letale ma è qualche cosa che se arriva in Italia in maniera incontrollata mette in crisi il sistema. Il nostro sistema ospedaliero non è pronto per rispondere a questo evento. E lo abbiamo visto chiaramente al primo focolaio in cui 5 operatori sanitari sono risultati positivi”, avverte l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco.

“La popolazione – ricorda Lopalco – non è immune, è completamente vergine. Se un’ondata epidemica arriva diluita nel tempo è gestibile. Se arriva tutto insieme, tante persone si ammalano allo stesso tempo, è molto meno gestibile ed è quello che dobbiamo evitare. E’ sbagliato dire al cittadino guarda è solo un’influenza siamo tutti tranquilli; non è vero. Allo stesso tempo non dobbiamo fare allarmismo. Noi abbiamo un Sistema sanitario che è la punta di diamante in tutto il mondo. Se si organizza bene questo sistema sanitario può fare fronte tranquillamente. Si cura. Come dimostrano i due cinesi curati allo Spallanzani. Parlo anche – aggiunge – da cittadino: io sto tranquillo se so nell’ospedale tutti sanno quello che devono fare e tutti hanno le attrezzature necessarie per curarmi se dovesse venirmi una brutta polmonite”. Quindi “bisogna fare in modo che gli ospedali siano pronti e comunicare alla gente che gli ospedali sono pronti, ma bisogna dirgli la verità: devono essere pronti”.

“Il messaggio da dare – chiarisce – è questo: nell’80% dei casi probabilmente non si ha bisogno neanche di assistenza medica. Il 20% dei casi dobbiamo cercare di limitarlo come numero perché ha poi necessità di andare in ospedale. E dobbiamo fare in modo che i nostri ospedali siano pronti per questo 20%. Perché se facciamo assistenza di alta qualità a questo 20% non muore nessuno”. Nessuno ha parlato di pandemia letale ma un medico in questa situazione deve fare in modo che il decisore politico tenga alta la guardia”, ha sottolineato Pierluigi Lopalco.

Non rintracciare il paziente zero (quello da cui è partita la catena del contagio) “complica dannatamente le cose. Il paziente zero – spiega l’epidemiologo – è il vertice dell’albero di propagazione dell’epidemia, il punto da cui si diramano i contagi. Quindi se conosci il paziente zero puoi individuare tutti i rami di propagazione e cercare di contenerla. Se non si riesce a tornare all’origine ci possono essere dei rami di propagazione che sono e restano totalmente sconosciuti. Se il focolaio coincide geograficamente con quella zona allora siamo tranquilli, ma se uno dei rami di propagazione, dei contagiati è uscito fuori dalla zona non lo blocchi bloccando la zona. L’ambito geografico si allarga molto e non hanno neanche più senso misure di chiusura. A quel punto – ha concluso Lopalco -non ha senso sacrificare 50mila persone se il virus sta circolando in altri 10 comuni”.

Gtu