Truffa 58 Comuni lucrando su gestione canile: denunciata 70enne

Pordenone, impediva le adozioni incassando comunque le diarie

FEB 12, 2020 -

Roma, 12 feb. (askanews) – Una 70enne, proprietaria di un canile a Pordenone, è stata denunciata dalla polizia per truffa ai danni dello Stato e peculato: sarebbe responsabile di una serie di comportamenti illeciti che, sfruttando i cani, le hanno garantito continuativamente e per un lungo periodo introiti illeciti per centinaia di migliaia di euro, pagati per il mantenimento degli animali nel canile da 58 Comuni convenzionati tra Friuli Venezia Giulia e Veneto (48 in provincia di Pordenone e 10 in provincia di Udine e Venezia).

Gli approfondimenti investigativi hanno evidenziato come gli animali venissero ricoverati senza l’attuazione delle procedure di riabilitazione previste e in più occasioni addirittura spostati dal canile all’abitazione privata della proprietaria della struttura, sottraendo in questo modo gli animali da ogni possibilità di adozione ed in piena violazione delle normative sanitarie regionali, fatti per i quali risulta tuttora pendente un provvedimento di diffida e ordine di sgombero esecutivo, emesso dalla competente Azienda Sanitaria, ad oggi non ottemperato.

La donna di fatto impediva artatamente l’adozione dei cani e ciò lo ha permesso, sfruttando l’elevatissimo numero di animali ricoverati, almeno 400 solo negli ultimi due anni, di incamerare un ingente guadagno illecito quantificabile in svariate centinaia di migliaia di euro, in costante aumento tenendo conto delle assai costose spese veterinarie necessarie all’acquisto di farmaci per l’accudimento degli animali, naturalmente fatturate ai Comuni vincolati dalla convenzione stipulata con la struttura.

Durante le operazioni gli agenti, coadiuvati da 8 veterinari comportamentalisti presenti in qualità di CTU individuati tra Friuli Venezia Giulia e Veneto, hanno ulteriormente riscontrato il quadro probatorio oggetto dei provvedimenti, potendo identificare oltre 400 animali presenti nei due siti oggetto di indagine, cani riconducibili, attraverso verifica del microchip, agli appalti stipulati con gli enti Locali committenti, rinvenendo nei locali ispezionati centinaia di confezioni di medicinali veterinari scaduti ed acquisendo una ingente mole di documentazione amministrativa, fiscale e sanitaria che sarà oggetto di ulteriori approfondimenti in ordine ai titoli di reato per cui si procede.

La donna, hanno ricostruito gli investigatori, lungi dal favorire le procedure di adozione dei cani ricoverati in convenzione, isolava gli esemplari tra di loro in box singoli, perlopiù senza nemmeno farli “sgambare” affinché non sviluppassero socialità e condizioni di sviluppo idonee alla loro futura adozione, per assicurarsi così il mantenimento della diaria fatturata ai Comuni affidatari; oppure, in alcuni casi collocava più esemplari di taglie diverse in aree comuni, lasciandoli di fatto allo stato selvatico, in condizioni di “branco”, per impedire che questi sviluppassero affezione per l’uomo.