Rigopiano, un superstite: non vogliamo i soldi, ma la verità

Intervista a Radio Cusano Campus

DIC 9, 2019 -

Roma, 9 dic. (askanews) – “Non vogliamo soldi, vogliamo solo che la verità venga fuori, per le vittime, per quelle persone che ho visto prima che accadesse il finimondo. Spesso penso a chi ha detto l’ultimo arrivederci a me, a chi ha preso l’ultimo caffè al bar vicino a me. Sono cose che ti segnano”. Così ha detto Giampiero Parete, uno degli 11 superstiti della tragedia di Rigopiano. Lui è scampato per miracolo alla distruzione dell’albergo di Farindola (Pescara) causato da una valanga e con lui si sono salvati anche la moglie e i due figli. Una catastrofe costata la vita a 29 persone. A Radio Cusano Campus, nella trasmissione “Cosa succede in città”, condotta da Emanuela Valente, il cuoco di Pescara, ricorda quel 18 gennaio 2017, la slavina, le macerie, l’angoscia, le vittime. E il silenzio che ha scandito le ore dell’attesa dei soccorsi, dalla valanga che si è abbattuta il 18 gennaio pomeriggio all’arrivo dei vigili del fuoco avvenuto all’alba del 19 gennaio.

La tragedia e il silenzio dell’attesa. Il ricordo. “La valanga mi ha sfiorato, ero andato in macchina a prendere una cosa e ho visto e sentito tutto -ha raccontato Parete-. Non so come non sia rimasto coinvolto anche io, la mole della valanga era incredibile. E’ stata una questione di pochi metri. Vuol dire che non era la mia ora. Ho chiamato due volte i soccorsi, non era possibile camminare, c’era un mare di neve fresca intorno a me. I soccorsi sono arrivati all’alba del 19 gennaio, il giorno dopo il disastro, ho atteso ore, che mi sono sembrate interminabili, in compagnia del manutentore dell’hotel anche lui rimasto illeso. Ho vissuto una situazione surreale e con la sensazione che fosse irreale, come se stessi assistendo a un film. Mi ricordo, come se fosse ieri, il silenzio più totale, eravamo nel nulla più totale. Mi sono sentito completamente abbandonato”. (Segue)