La creatività salverà l’Italia se italiani sono disposti a farlo

Necessario interpretare dinamiche culturali della nostra società

GIU 18, 2019 -

Roma, 18 giu. (askanews) – (di Antonio Maria Barbieri, 20 anni)

Se c’è una cosa che può salvare l’Italia è certamente la creatività oltre alla bellezza; ma noi siamo disposti a farlo? Per provare a dare una risposta ad una domanda semplice nell’apparenza ma profonda nella sostanza è necessario interpretare le dinamiche culturali della nostra società. La creatività, come anche il senso critico, non appartiene a questa o quest’altra scuola ma appartiene ad ogni essere umano. La scuola non dà vita alla creatività ma dà la forza per farla emergere. La scuola dà gli stimoli che poi noi dobbiamo essere in grado di trasformarli in opportunità. La scuola dà una possibilità, non è la possibilità.

La scuola dunque ha non solo il ruolo di creare stimoli, ma anche di farli rispettare. Occorre educare a non opprimere gli stimoli creativi. Occorre educare a non nascondere la polvere sotto il tappeto, ma a farla emerge per fronteggiarla e a trasformala in opportunità.

L’Italia è un paese con un’economia debole soprattutto per una mancanza di spessore culturale del popolo italiano. Ma attenzione, lo spessore culturale non è avere una competenza o un’altra, ma avere un carattere aperto alle proposte, attento a migliorarle e soprattutto a non disprezzarle. Tutto ciò è possibile se in ognuno di noi emerge una sensibilità di comunità che possa far lavorare i singoli per un grande Paese e una grande economia. La cultura del disprezzo è la cultura di chi ama l’immobilismo che comporta a subire il cambiamento di altri Paesi. L’Italia deve avere il coraggio di riuscire ad abbandonare l’immobilismo culturale in favore dello scambio di idee e di sviluppo di opportunità. Non è un caso che sia USA che Cina siano grandi economie e che gli unicorni (start-up ma oramai aziende con un valore di mercato superiore ad 1 miliardo di dollari) siano al 90% appartenenti a questi Paesi. Non penso che un cinese o un americano siano più intelligenti o preparati degli italiani. Penso invece, e di questa c’è una certezza empirica, che questi Paesi siano ricchi di stimoli grazie ad infrastrutture, impegno sociale e anche formazione di competenze, ma soprattutto per il principio base che è quello educativo e dunque di forma culturale. Occorre dunque guardare il mondo non con gli occhi del pregiudizio o del disprezzo culturale bensì con gli occhi di stupore, di stimolo continuo e voglia di fare, perché o saremo noi a fare il cambiamento oppure saremo costretti a subirlo. A noi la scelta!