Nel santuario “bastione” il Papa fa appello alla fratellanza

E per Francesco dall'Ungheria arriva il presidente, ma non Orban

GIU 1, 2019 -

Città del Vaticano, 1 giu. (askanews) – Per secoli bastione contro gli ottomani e i protestanti, osteggiato dal regime comunista, il santuario mariano di Sumuleu Ciuc, in Transilvania, Romania, ai confini con l’Ungheria del populista Viktor Orban, una regione contesta tra i due paesi nel corso della storia, è stata l’occasione per Papa Francesco, primo pontefice nella storia ad inoltrarsi in questo angolo dei Caprazi, per fare appello alla convivenza fraterna e mettere in guardia “dalle voci e dalle ferite che alimentano la divisione e la frammentazione”.

Il santuario mariano sorge tra prati e boschi, alle pendici del monte Somlyó, nell’arcidiocesi di Alba Iulia. Le origini del Santuario, che ha il titolo di “basilica minor”, risalgono alla metà del XVI secolo e sono legate alla fedeltà degli abitanti di questa zona al cattolicesimo quando la Transilvania abbracciò la Riforma protestante. Gli abitanti del luogo sconfissero le truppe del re Giovanni Sigismondo, che voleva convertirli, in una battaglia che si svolse il sabato di Pentecoste del 1567, mentre le donne e i bambini si radunarono presso il santuario. I francescani stabilirono che il santuario era stato protetto dalla Vergine, e da allora ogni anno a Sumuleu Ciuc (Csíksomlyó in magiaro), a Pentecoste, arrivano ungheresi da tutto il mondo, fino ad una folla di 300mila pellegrini. Se una prima chiesa era stata edificata verso la metà del XV secolo dal condottiero ungherese János Hunyadi che così commemorò una vittoria del 1456 sui turchi a Belgrado, le truppe ottomane distrussero chiesa e monastero nel 1661. La monumentale statua della Vergine in legno di tiglio rimase illesa. “La leggenda – informa oggi il monastero – narra che essa rimase miracolosamente indenne nell’incendio del 1661 (anche recenti indagini scientifiche hanno confermato la mancanza di qualsiasi bruciatura). Un’altra riferisce, inoltre, che per miracolo essa si era resa così pesante che i tartari che l’avrebbero voluto trascinare con sé non ci riuscirono neanche con i buoi, mentre il soldato che la colpì con la spada finì con il braccio paralizzato”.

Il Papa, che alla Madonna ha regalato una rosa d’oro, prerogativa dei Pontefici in vista ai santuari mariani, ha pronunciato una breve omelia incentrata sulla fratellanza. “Qui, ogni anno, il sabato di Pentecoste, voi vi recate in pellegrinaggio per onorare il voto dei vostri antenati e per fortificare la fede in Dio e la devozione alla Madonna, raffigurata nella monumentale statua lignea. Questo pellegrinaggio annuale appartiene all’eredità della Transilvania, ma onora insieme le tradizioni religiose rumena e ungherese; vi partecipano anche fedeli di altre confessioni ed è un simbolo di dialogo, unità e fraternità; un appello a recuperare le testimonianze di fede divenuta vita e di vita fattasi speranza. Pellegrinare è sapere che veniamo come popolo alla nostra casa. È sapere che abbiamo coscienza di essere popolo. Un popolo la cui ricchezza sono i suoi mille volti, mille culture, lingue e tradizioni; il santo Popolo fedele di Dio che con Maria va pellegrino cantando la misericordia del Signore. Se a Cana di Galilea Maria ha interceduto presso Gesù affinché compisse il primo miracolo, in ogni santuario veglia e intercede, non solo davanti a suo Figlio, ma anche davanti a ciascuno di noi, perché non ci lasciamo rubare la fraternità dalle voci e dalle ferite che alimentano la divisione e la frammentazione. Le complesse e tristi vicende del passato non vanno dimenticate o negate, ma non possono nemmeno costituire un ostacolo o un argomento per impedire una agognata convivenza fraterna”.

“Fratelli e sorelle, non dimentichiamo”, ha detto Jorge Mario Bergoglio: “Chi rischia, il Signore non lo delude! Camminiamo, e camminiamo insieme, rischiamo, lasciando che sia il Vangelo il lievito capace di impregnare tutto e di donare ai nostri popoli la gioia della salvezza, nell’unità e nella fratellanza”.

Tra i centomila pellegrini accorsi per il Papa, sfidando la pioggia battente e i banchi di nebbia che hanno costretto Francesco ad arrivare in auto anziché con il previsto elicottero, era presente il presidente ungherese Janos Ader, ma non il primo ministro Viktor Orban.