Gli ispirò nome Francesco, Papa nomina Hummes a sinodo Amazzonia

Cardinale brasiliano sarà relatore: nascerà una Chiesa indigena

MAG 4, 2019 -

Città del Vaticano, 4 mag. (askanews) – In vista dell’assemblea sinodale per la Regione Panamazzonica che si terrà in Vaticano dal 6 al 27 ottobre 2019, sul tema “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale”, il Papa ha nominato oggi relatore generale il Cardinale brasiliano Claudio Hummes, 85 anni, arcivescovo emerito di San Paulo, Presidente della Rete Ecclesiale Panamazzonica (Repam), il porporato che gli ispirò di prendere il nome di San Francesco per il suo attaccamento ai poveri e alla natura.

Il cardinale Hummes ha avuto un ruolo significativo fin dall’inizio del Pontificato. Come raccontò lo stesso Jorge Mario Bergoglio da poco eletto ai giornalisti, “nell’elezione, io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il Clero, il cardinale Claudio Hummes: un grande amico, un grande amico! Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, viene l’applauso consueto, perché è stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: “Non dimenticarti dei poveri!”. E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi. E’ per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? E’ l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero … Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”.

Quanto al Sinodo sull’Amazzonia, poi, il Papa ha nominato oggi anche i segretari speciali: si tratta di Monsignor David Martinez De Aguirre Guinea, domenicano, Vescovo titolare di Izirzada, Vicario Apostolico di Puerto Maldonado in Perú, e del gesuita Padre Michael Czerny, sotto-segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.

In una recente intervista ad Avvenire, il cardinale Hummes aveva spiegato: “L’Amazzonia riguarda tutti: lì in gioco il futuro del pianeta e dell’umanità. Senza l’Amazzonia il mondo non sopravviverà. Mai come oggi i popoli originari amazzonici e tutto il loro territorio sono così gravemente minacciati”. Per il porporato brasiliano, “non possiamo perdere l’Amazzonia, non possiamo sbagliare lì come Chiesa. È un banco di prova. È necessario che formi un clero autoctono e sia coraggiosa nel trovare nuove condizioni per avere un volto amazzonico. Che prenda insomma decisamente l’impegno di avviare un processo di conversione missionaria e pastorale, incarnata e inculturata nelle culture della regione, quindi interculturale, dato che nel territorio convivono molte culture diverse”. Ecologia e presenza della Chiesa “non sono due, è uno solo! Tra noi e la natura non esiste separazione. Tutto è interconnesso. Il grido della natura e il grido dei poveri sono il medesimo unico grido. Non esistono perciò due crisi separate: una sociale e una ambientale, c’è una sola unica e complessa crisi socioambientale. Di conseguenza non si può separare la cura dei poveri dalla cura della casa comune. Le soluzioni richiedono pertanto un approccio integrale per contrastare la povertà, per restituire dignità agli esclusi e, simultaneamente, prendersi cura della natura”. In questo senso, il Sinodo per l’Amazzonia “promuoverà l’inculturazione della fede cristiana nelle culture dei popoli indigeni del territorio perché dobbiamo riconoscere che finora si è fatto poco in questo senso. Dopo 400 anni di evangelizzazione non siamo riusciti lì a far nascere una Chiesa inculturata. Finora la Chiesa ha difeso i diritti umani degli indios, ma noi dobbiamo fare un passo avanti, dobbiamo andare verso una Chiesa indigena: aiutare cioè la nascita di una chiesa che esprima pienamente la fede nella sua cultura, nella sua propria identità, e per questo saranno gli indios gli interlocutori privilegiati”. Verranno quindi ripensati anche i ministeri… “Il punto – spiegava Hummes – è come essere a servizio di quella comunità. I ministeri debbono certamente essere pensati a partire da quella comunità specifica, dalla sua cultura, dalla sua identità, dalla sua storia. Se parliamo di una Chiesa che deve inculturarsi, anche i suoi ministeri devono inculturarsi. Non si può impiantare da fuori senza che passi dentro il processo di inculturazione. Nel Sinodo si discuterà perciò di questo per il contesto specifico dell’Amazzonia. Non è un Sinodo per ridiscutere i ministeri nella Chiesa”. E se “una Chiesa indigena non si fa per decreto. E certo neppure con un Sinodo. Ma questo può aprire il cammino ad un processo verso una Chiesa finalmente inculturata”.