Dall’otium al negotium

MAR 19, 2019 -

Roma, 19 mar. (askanews) – (di Paolo Federico, 15 anni)

La parola latina “otium” non significa ozio, il dolce far nulla, come molti potrebbero pensare, bensì ha significato totalmente opposto. Per gli antichi Romani l’otium era la cura di sé e della propria saggezza, che passava per la contemplazione spirituale e lo studio. L’otium era veramente il massimo a cui ogni cittadino potesse aspirare. Il cittadino romano di alto rango aspirava dunque a un modello di esistenza che concilia buone letture, meditazioni filosofiche, gusto per l’arte, esercizio fisico, vita sociale e conviviale. Il negotium, gli affari, il lavoro, invece indicava tutte quelle attività necessarie agli individui per garantirsi la sopravvivenza e per i Romani dell’età repubblicana passava in netto secondo piano rispetto all’otium.

Il negotium infatti era per gli schiavi, l’otium per i padroni. Alla fine, infatti è la società repubblicana dell’otium a fondare uno dei più grandi imperi della storia. L’Impero Romano comincia a decadere e a morire proprio nel momento nel quale cade in disuso la società dell’otium, la società del pensiero e della saggezza, che ha come scopo l’arricchimento spirituale, per dare il posto alla società degli affari, la società cieca della ricchezza materiale.

Mentre la società dell’otium mette al centro i libri e con i libri conquista il mondo, la società del negotium mette al centro i soldi e l’individualismo esasperato, facendo distruggere uno dei più grandi imperi della storia da un paio d popolazioni barbare. Dal 476 d.C. il mondo non ha più visto una società dell’otium. Il negotium è padrone del mondo, i soldi sono il padrone del mondo. La società di oggi è l’esasperazione del negotium, che sopprime totalmente l’otium. L’uomo medio è totalmente immerso nei propri affari, nel proprio lavoro, perché deve produrre ricchezza, mentre il tempo libero si è trasformato in ozio, in un dolce far nulla.

“Soli omnium otiosi sunt qui sapientiae vacant, soli vivunt (“Soli fra tutti, sono gli “oziosi” quelli che dedicano il tempo alla saggezza, solo essi vivono”)”. Seneca, De brevitate vitae.