“Nonunadimeno”: mobilitazione generale contro il DdL Pillon

Manifestazioni in piazza in molte città. Di Maio assicura: la modificheremo

NOV 9, 2018 -

Roma, 9 nov. (askanews) – Da Bari a Bergamo, da Milano a Napoli, a Roma a Torino, Ravenna, Bologna: è in continuo aggiornamento la lista delle città dove domani si scenderà in piazza per manifestare contro il DdL Pillon.

A fare il punto il sito di “Nonunadimeno” che bolla il provvedimento come “una proposta intrisa di violenza. Non vogliamo discuterla o emendarla: noi la respingiamo senza condizioni. Il 10 novembre saremo in piazza in tutte le città d’Italia con la rete dei Centri anti-violenza per rispondere a questo attacco patriarcale e reazionario con la forza globale dell’insubordinazione femminista e transfemminista”.

Il fronte della maggioranza tuttavia non appare compatto su questo tema. “Questa legge non è nei programmi di approvazione dei prossimi mesi perché così non va. La modificheremo”, ha detto il vicepremier Luigi di Maio che, intervistato da Elle, sembra porre un freno alle polemiche.

Se il Disegno di Legge sarà approvato, secondo l’associazione Nonunadimeno, “sarà più difficile e costoso separarsi e bisognerà organizzare le proprie vite e la cura di figli e figlie secondo un contratto di diritto privato sottoscritto a seguito della mediazione familiare obbligatoria a pagamento.

La “bigenitorialità”, così come intesa nella proposta di legge, non favorirà una condivisione della cura in base alle possibilità e ai desideri di entrambi i genitori, ma imporrà una rigida spartizione del tempo da passare con figli e figlie, che dovranno sottostare al “piano genitoriale” redatto dal “mediatore familiare”. A bambini e bambine non viene così riconosciuta alcuna possibilità di scelta o diritto di espressione.

Pur invocando l’uguaglianza della “responsabilità genitoriale”, la proposta di legge non cerca di cancellare gli squilibri esistenti nella cura dei figli e nel lavoro produttivo e riproduttivo, ma al contrario li alimenta. L’assegno di mantenimento verrà abolito: chi si trova in una situazione di maggiore dipendenza economica e povertà – quasi sempre le donne – sarà sottoposta a un vero e proprio ricatto economico, affronterà la separazione o il percorso di liberazione dalla violenza domestica al prezzo di una crescente precarietà.

Finché la violenza domestica non è “comprovata” (come dice la proposta, senza ulteriori chiarimenti), bambini e bambine saranno costretti ad avere rapporti con il padre violento e una donna che denuncia la violenza subita dal marito, sarà facilmente sospettata di manipolare i figli contro il padre, rischiando di perdere la “responsabilità genitoriale”.

La scelta di libertà sarà resa ancora più pesante per le donne migranti il cui permesso di soggiorno è legato a quello dei mariti e sarà per tutte e tutti fortemente limitata da un sistema di welfare fortemente familistico e fondato sul matrimonio”.

Mpd MAZ