Cos’ha detto Papa Francesco in Egitto

L'abbraccio all'Imam

APR 28, 2017 -

Città del Vaticano, 28 apr. (askanews) – “L’unica alternativa alla civiltà dell’incontro è l’inciviltà dello scontro, non ce n’è altra”. Papa Francesco sceglie la prestigiosa università islamica del Cairo, Al-Azhar, per rievocare e negare, quasi con gioco di parole, quel “clash of civilization”, quello scontro di civiltà teorizzato anni fa tra Oriente e Occidente, cristianesimo e islam. Jorge Mario Bergoglio pronuncia il suo primo discorso in terra egiziana nell’ateneo che anni fa ruppe i rapporti con la Santa Sede di Benedetto XVI. I cristiani egiziani sono stati colpiti, la domenica della palme, da un doppio attentato jihadista. Al-Azhar è impegnata da tempo a eliminare il radicalismo dall’insegnamento dell’islam. E il Papa prende la parola nella cornice di una conferenza sulla pace, per stigmatizzare il terrorismo senza confonderlo con l’islam.

Francesco scandisce “un no forte e chiaro ad ogni forma di violenza, vendetta e odio commessi in nome della religione o in nome di Dio”. “In quanto responsabili religiosi, siamo dunque chiamati a smascherare la violenza che si traveste di presunta sacralità, facendo leva sull’assolutizzazione degli egoismi anziché sull’autentica apertura all’Assoluto”, dice. Al contempo critica quei “populismi demagogici, che certo non aiutano a consolidare la pace e la stabilità: nessun incitamento violento garantirà la pace, ed ogni azione unilaterale che non avvii processi costruttivi e condivisi è in realtà un regalo ai fautori dei radicalismi e della violenza”. E spiega che “per prevenire i conflitti ed edificare la pace è fondamentale adoperarsi per rimuovere le situazioni di povertà e di sfruttamento, dove gli estremismi più facilmente attecchiscono, e bloccare i flussi di denaro e di armi verso chi fomenta la violenza”. Parole che seguono quelle pronunciate dal Grande imam Ahmad al-Tayyib, abbracciato a inizio pomeriggio, che denuncia il dramma delle migrazioni, critica chi arma il terrore, spiega che l’islam non è terrorista né cristianesimo o ebraismo sono esenti nella loro storia dalla violenza.

Il Papa trascorre due giorni nella capitale egiziana, tra imponenti misure di sicurezza. Viaggia, per sua espressa volontà e contro i consigli delle forze dell’ordine, su una Fiat Punto blu, col finestrino abbassato. Vuole dare un messaggio di “unità e fratellanza”. Ritiene che il dialogo vada portato avanti senza ambiguità, ma senza trattare come un nemico “chi è differente da me, culturalmente o religiosamente”. Non si tratta di difendere i cristiani dai musulmani, come più voci suggeriscono, ma di difendere l’umanità dalla disumanità. Chiama l’imam “fratello”, saluta l’uditorio con l’arabo “Al Salamò Alaikum!”, “La pace sia con voi!”. Il Papa argentino del resto ha scelto il nome di San Francesco che – ricorda – ottocento anni fa andò in Egitto a incontrare il Sultano Malik al Kamil”.

Francesco viene ricevuto dal presidente Al-Sisi nel palazzo presidenziale. Colloquio a porte chiuse, temi bilaterali, il quotidiano Ahram cita fonti diplomatiche europee che sostengono che il Papa parla ad Al-Sisi dell’assassinio di Giulio Regeni. Quando incontra le autorità del paese pronuncia un discorso accorto e calibrato. C’è da giurare che il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, lo abbia aiutato a limare fino all’ultimo. Elogia l’Egitto, la sua storia, la sua accoglienza dei migranti, la capacità che ha il paese di incidere sulla pace in tutto il Medio Oriente. Non manca di parlare, davanti al capo di un regime andato al potere con un sanguinoso colpo di Stato, pur appoggiato da manifestazioni di piazza, di diritti umani, libertà di espressione. Il popolo, ricorda, ha sollecitato a sollecitare un Egitto dove “non manchino a nessuno il pane, la libertà e la giustizia sociale”. In serata, prima di ritirarsi in nunziatura per il pernottamento, visita il patriarca copto ortodosso Tawardos II. Ricorda le stragi della domenica delle palme, sottolinea che i martiri cristiani testimoniano “l’ecumenismo del sangue” perché chi perseguita i cristiani non fa distinzioni tra le diverse confessioni e, paradossalmente, ha già superato le divisioni che pesano tra le varie comunità.

Visita, poi, la chiesa di San Pietro dove il cosiddetto Stato islamico ha fatto strage di fedeli a dicembre. Il Papa copto lo saluta come uomo di pace in un mondo di guerre. Ci tiene a dire, Tawadros II: “In questi tempi difficili si manifesta il vero valore degli egiziani, uniti nella gioia e nel dolore, annunciando al mondo intero che la nostra disgrazia e il dolore sono quelli di una patria unita e compatta: le menti criminali non potranno mai spezzare né sminuire i cuori dei cittadini il cui valore è un esempio per tutte le generazioni”. Non si tratta di difendere i cristiani dai musulmani. E infatti Papa Francesco è venuto per confermare “unità e fratellanza”.

Ska/Int2