Pene troppo basse: niente patteggiamento per Adriano Riva e nipoti

Il gip Vicidomini: proposte "incogrue"

FEB 14, 2017 -

Milano, 14 feb. (askanews) – Troppo basse le pene concordate tra la Procura di Milano e i difensori di Adriano, Fabio e Nicola Riva, indagati per il crac del gruppo Riva Fire che controllava lo stabilimento Ilva di Taranto. Il gip di Milano, Maria Vicidomini, ha respinto le tre richieste di patteggiamento che avevano già incassato il via libera dei pm Mauro Clerici e Stefano Civardi.

Le proposte di pena avanzate dagli indagati sono infatti “incongrue” rispetto alle condotte contestate, secondo il giudice milanese che per questo non ha ratificato i patteggiamenti.

Adriano Riva, accusato di bancarotta, truffa ai danni dello Stato e trasferimento fittizio di valori, si era accordato con i magistrati per scontare una pena pari a 2 anni e 6 mesi di carcere. Suo nipote, Fabio, accusato soltanto del reato di bancarotta, aveva invece proposto un patteggiamento della pena compresa tra i 4 e i 5 anni di reclusione, in continuazione con una condanna già diventata definitiva. L’altro nipote di Adriano, Fabio (pure lui indagato per bancarotta) puntava invece a patteggiare una pena inferiore ai due anni di carcere. Il via libera dei pm alle tre richieste di patteggiamento è arrivato dopo la decisione della famiglia Riva di far sbloccare 1 miliardo e 300 milioni di euro “congelato” in una banca Svizzera e di fare rientrare la somma Italia per destinarla alla riqualificazione dello stabilimento Ilva di Taranto. Ma nessuno dei tre patteggiamenti proposti è stato accolto dal gip Vicidomini.

Fcz/Int9