La danza secondo Claudia Castellucci: facciamo qualcosa di reale

Una conversazione con la coreografa Leone d'Argento a Venezia

OTT 28, 2020 -

Venezia, 29 ott. (askanews) – “La danza fu l’intuizione di creare un movimento profondamente silenzioso”. “Mi affidai soltanto alla musica come fonte di ritmo da seguire”.

Abbiamo scelto queste due sue citazioni per provare a entrare nel mondo di Claudia Castellucci, coreografa romagnola Leone d’Argento alla Biennale Danza 2020, che ha portato in Arsenale lo spettacolo “Fisica dell’aspra comunione – Ballo della compagnia Mòra”, su musiche di Olivier Messiaen.

Rigoroso, con una ricerca della perfetta misura del gesto e dell’idea stessa di ritmo profondo, lo spettacolo sembra rispecchiare con fedeltà la visione delle coreografa, che così ci ha parlato di cosa rappresenta la danza tra le arti.

“E’ un’arte – ha detto ad askanews – che, come le altre, ha una parte dedicata alla finzione, ma c’è una parte rilevante legata proprio alla realtà del movimento e questa è la cosa che più mi ha interessato della danza. Quello che si fa danzando è qualcosa di reale”.

Inevitabile, vista l’epoca che stiamo vivendo, affrontare con Claudia Castellucci anche il tema di come si può vivere e convivere oggi con una disciplina che ruota completamente intorno al corpo.

“L’arte sorge – ha concluso la coreografa – perché ci sono delle condizioni sfavorevoli, la condizione sfavorevole è proprio il motore che fa sorgere l’arte. Nella vita quotidiana è chiaro che queste giocano un ruolo di grande repressione, dolore e sofferenza, questo è indiscutibile, ma dal punto di vista artistico e rigorosamente parlando, non ci devono spaventare queste condizioni sfavorevoli”.

Condizioni che lo spettacolo portato all’Arsenale di Venezia sembrano dominare grazie proprio all’intensità e all’aderenza al luogo e alla musica. E che, in qualche modo, a Biennale Danza conclusa, ci permettono oggi quantomeno di non dimenticare cosa rappresentano gli spettacoli dal vivo.