Disastro ambientale nell’Artico, Putin furioso: stato emergenza

Si scioglie il permafrost e 20 mila tn diesel finiscono nel fiume

GIU 5, 2020 -

Milano, 5 giu. (askanews) – Una Russia chiaramente in lotta tra la difesa dell’ambiente e incidenti pericolosissimi per l’ecosistema mondiale. La fuoriuscita di carburante da un serbatoio in una centrale termoelettrica vicino a Norilsk, avvenuta il 29 maggio, in Siberia settentrionale, ha portato nel fiume Ambarnaya oltre 20.000 tonnellate di diesel. Secondo la holding Norilsk Nickel, che gestisce il sito, potrebbe essere stata causata dal collasso – preoccupante – del permafrost.

 

Per Greenpeace la portata del disastro è simile all’incidente della petroliera Exxon Valdez, avvenuto in Alaska 30 anni fa. Secondo gli ambientalisti è il più grave incidente di questo tipo nell’Artide. Vladimir Putin, infuriato, ha ordinato lo stato di emergenza. L’Ambarnaya lungo 60 km, sfocia nel lago Pyasino, collegato a sua volta con il Mare di Kara, parte dell’Oceano Artico.

 

Pochi giorni prima l’ambasciatore dell’Onu per l’Artico e l’Antartide, nonchè leggenda dell’hockey sovietico (e americano) Viaceslav Fetisov, insieme con il WWF, aveva rivolto un appello proprio al leader del Cremlino per una svolta green dell’economia russa.

 

Vero è anche che nelle fabbriche della zona di Norilsk, per 6 mesi in piena notte polare, si producono i metalli necessari, senza i quali non esisterebbe la materia prima per i nostri iPhone o gli strumenti musicali a fiato o la stazione orbitante Iss o le corde delle chitarre, e persino la vernice blu. Ma a quanto questo impero industriale, costruito sul permafrost, se continua i surriscaldamento del pianeta, è destinato finire nel mare.