Spagnolo: Covid-19 si combatte con eparina e ruolo medici di base

Il cardiochirurgo: la polmonite interviene alla fine, agire prima

APR 24, 2020 -

Roma, 24 apr. (askanews) – Continuano a calare i numeri dei malati in terapia intensiva in Italia. Un segnale di speranza nell’emergenza coronavirus e un segnale di cambiamento anche nelle cure. Si parla molto di terapie domiciliari per evitare di affollare ospedali e ridurre rischi di contagio. Servirebbe un protocollo nazionale, auspica il prof. Salvatore Spagnolo, cardiochirurgo, già responsabile della cardiochirurgia del Policlinico San Martino di Genova e del Policlinico di Monza e ora dell’Istituto Clinico Ligure di Alta Specialità (Iclas) a Rapallo, tra i primi a sostenere che il Covid-19 va curato dall’inizio con eparina.

Da marzo, in base alla sua esperienza, ha intuito che il quadro dei pazienti che arrivano alla fase acuta è molto simile a quello dei pazienti colpiti da embolia polmonare massiva, di cui è tra i massimi esperti. Il virus, in pratica, provoca dei microtrombi. “Arrivavano in reparto così, velocemente il sangue aveva poco ossigeno, come nell’embolia, avevano un mancamento di fiato che non regrediva con niente e gli anestesisti erano obbligati a intubarli e a usare pressioni alte per cercare di ossigenare il sangue ma questo non si ossigenava”.

Un’embolia, spiega, non nella parte centrale del torace, delle arterie polmonari, ma periferica. Più pericolosa. I suoi studi, pubblicati anche sulla rivista Usa Journal of Cardiology Research Reviews & Reports hanno trovato conferme nelle autopsie su pazienti deceduti per Covid-19. Da qui l’eparina, da usare, dice, fin nelle prime fasi, spesso associata ad altri farmaci come idroclorochina, antibiotici, antinfiammatori. “La polmonite interviene nella parte finale di questa tragedia. E ancora oggi nonostante abbiamo introdotto l’eparina in terapia, continuiamo a farla non per prevenire che si formino questi coaguli ma per cercare di curarli”.

“Oltre a evitare la formazione dei coaguli è anche un potente antinfiammatorio e sembra che questa eparina abbia la capacità di fissare il virus, di bloccarli”.

Naturalmente, però, non per tutti e con prescrizione del medico di famiglia. Di qui anche l’importanza di rilanciare la medicina territoriale. “Il medico di famiglia in questa tragedia gioca un ruolo importantissimo. “Parliamo dei casi in cui inizia l’influenza, dura 3-4 giorni e non regredisce ma va a peggiorare, allora si va verso la fase di gravità, in quel caso serve l’eparina, serve a evitare che il virus faccia coagulare il sangue.

La cosa corretta è che il paziente va dal medico di famiglia, è lui che in base al peso e alle sue caratteristiche dà il dosaggio giusto, alcuni non possono prendere l’eparina. Infine, per i pazienti molto gravi, Spagnolo suggerisce che potrebbe essere valida la tecnica di inversione della circolazione del sangue nelle arterie polmonari da lui ideata e applicata in cardiochirurgia.

“Per i pazienti gravi per cui non c’è speranza con questa inversione della circolazione potremmo magari farlo riprendere, speriamo che la sperimentale ci dia ragione”.