Il virus blocca le PMA: fino a 1500 neonati al mese in meno

Gli esperti del GISS: subito nuovi cicli con avvio della fase 2

APR 8, 2020 -

Roma, 9 apr. (askanews) – Da oltre un mese per l’emergenza coronavirus sono stati rimandati interventi e visite rinviabili negli ospedali per ridurre gli accessi e contenere il contagio. Così come sono stati sospesi i trattamenti di PMA (salvo completare i trattamenti già avviati o quelli non rinviabili su pazienti oncologici). Ma è importante ripartire il prima possibile.

La Federazione della Società italiana di Ginecologia ed Ostetricia (SIGO) che rappresenta gli oltre 10mila ginecologi italiani, attraverso il suo Gruppo di interesse speciale (GISS) in Medicina della Riproduzione, che vede riuniti i massimi esperti in questo campo, ha elaborato nuove raccomandazioni per quando sarà decretata la fase 2 della pandemia. Perché ogni mese di inattività ha un impatto fortissimo sulla natalità; dal 2014 a oggi il trend delle nascite grazie alla fecondazione assistita è in crescita continua.

Il Dott. Cristofaro De Stefano, Direttore della Struttura di Fisiopatologia della Riproduzione dell Ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino (e Rappresentante del Gruppo di interesse speciale in Medicina della Riproduzione della SIGO.) “La stima dei trattamenti per il 2019 è di 80mila coppie circa trattate quindi se possiamo ipotizzare 11 mesi di attività lavorativa media si tratta di circa 8.000 coppie al mese “. “Considerando la capacità di tradursi in bambini vivi avremo una perdita stimata di circa 1500 al mese”. Non solo: “Per l impatto demografico è una cosa assai rilevante per l impatto emotivo anche, la gravidanza è un progetto di genitorialità che tende a realizzarsi attraverso un atto medico quindi ha un peso emotivo importante, al danno demografico nazionale ce ne è da aggiungere uno enorme dal punto di vista emotivo per le coppie”.

Non ci sono al momento prove scientifiche di un rischio specifico di trasmissione del Covid-19 attraverso le pratiche di PMA. Il Dott. Luca Gianaroli, membro della Task force Covid-19 della Società Europea della Riproduzione (Rappresentante del Gruppo di interesse speciale (GISS) in Medicina della Riproduzione della SIGO.) “I rischi che corrono mamme o future mamme sono gli stessi sia con il concepimento naturale che con PMA. Qualora nell arco della gravidanza si sviluppi un’infezione e potenzialmente un contagio alla futura mamma i rischi sono identici e oggi come oggi risultano quasi nulli quelli di trasmissione al feto e al futuro bambino, abbiamo dati rassicuranti”.

Indispensabile però ripartire con le massime attenzioni. “E’ in questa fase che dobbiamo essere attenti per minimizzare i rischi che all interno di questo ambiente possa aumentare la possibilità di avere un infezione che porti poi a un covid-19”.

Ma prima di avviare nuovi percorsi gli esperti del GISS raccomandano di eseguire un attenta anamnesi e valutazione clinica preliminare. (I casi possono essere molti ma) con paziente e/o partner con sintomatologia conclamata da covid-19 sarà necessario rinviare il trattamento.

Diventa fondamentale, adesso e in futuro, ricorrere alla telemedicina. De Stefano: “Dovremo comunque cercare di ridurre il numero di accessi in ospedale, magari una consultazione potrà farsi via web o inviando della documentazione via mail, certo è un problema attuale di sicurezza e privacy”.

Necessario quindi attivare piattaforme e strumenti sicuri che garantiscano privacy e soprattutto consentano l’interscambio di informazioni tra i centri medici che sono sempre più fondamentali.