“Generazione Hikikomori”, i giovani che si isolano dal mondo

Il libro di Anna Maria Caresta: importante accorgersene presto

FEB 4, 2020 -

Roma, 4 feb. (askanews) – I giovani, spaventati da una serie di difficoltà nell’accesso alla scuola o nel mondo del lavoro, in una società molto competitiva scelgono a volte di ritirarsi nel loro guscio, di non uscire di casa, di recludersi in compagnia di smartphone e videogiochi. È avvenuto e sta avvenendo in Giappone, dove esiste un nome preciso per indicare questa generazione perduta: gli hikikomori. Anna Maria Caresta, giornalista della redazione Cultura del Giornale Radio Rai, è andata nel paese nipponico, ha incontrato giovani, operatori scolastici e sanitari e li ha messi in parallelo con fenomeni analoghi esistenti nel nostro paese. Ne è uscito il libro “Generazione Hikikomori” (editore Castelvecchi).

“Ho visto tanti giovani trascorrere tante, tante, troppe ore davanti al computer. Li ho visti nella sale Lan, sale dove giocano con i videogiochi collegandosi con persone anche dall’altra parte del mondo e mi sono incuriosita e mi sono chiesta perché si passa così tanto tempo davanti al computer e perché una generazione che apparentemente comunica molto, poi finisce per comunicare meno o troppo poco?”, racconta Caresta.

“Ho scoperto che in Giappone c’erano gli Hikikomori, ragazzi chiusi in loro stessi, chiusi in una sindrome che si chiama social-withdrawal, ritiro sociale. Questo ritiro sociale colpisce spesso i giovani a volte addirittura, dai 12-13 anni, con il ritiro scolastico. Poi a volte i ragazzi si chiudono dentro se stessi, soprattutto nel periodo adolescenziale. Ora questa sindrome, che è solo un disagio, non una malattia, viene studiata, ma i ragazzi vanno presi presto e vanno riportati alla loro vita normale, alla loro vita sociale, per questo ho scritto Generazione Hikikomori”, ha spiegato.