Tasse: lunedì nero, commercialisti: rivedere calendario scadenze

A Pisa il congresso Anc: professionisti pronti a nuovo sciopero

NOV 18, 2019 -

Pisa, 18 nov. (askanews) – In un solo giorno, il 18 novembre, entrano nelle casse dello Stato circa 27 miliardi di euro: è il lunedì delle tasse, un “lunedì” nero per i contribuenti i professionisti che li assistono perché sono rimaste disattese, anche nelle bozze dell’ultima legge di bilancio, le richieste e le proposte di commercialisti e società civile che puntavano a maggiore semplificazione e maggiore equità fiscale. Anzi a giudizio anche dei professionisti con le novità introdotte nella legge di bilancio il quadro è ulteriormente peggiorato.

“Per i commercialisti italiana è l’unica cosa positiva di questa legge di bilancio 2020 è il mancato aumento dell’Iva, sicuramente è sarebbe stato drammatico per l’economia del Paese se ci fosse stata l’introduzione di queste nuove aliquote – commenta Marco Cuchel, presidente dell’Anc, l’Associazione nazionale commercialisti – Ci aspettavamo però degli interventi a sostegno dell’economia che invece mancano totalmente, e questi altri interventi rivolti verso lotta all’evasione crediamo che non combattono veramente l’evasione, ma creano difficoltà e nuova burocrazia per le imprese cosa che non avevano sicuramente bisogno”.

La preoccupazione dei professionisti è dunque il prospettarsi di una nuova ondata di burocratizzazione delle procedure e di un’ulteriore allontanamento tra mondo politico e realtà professionali e produttive. “Non servono ulteriori impalcature: ogni volta che si cerca di combattere l’evasione creando ulteriori impalcature si va ad aggravare il lavoro dei contribuenti onesti. Chi invece evade continua ad evadere, perché tanto non lo faceva prima e continuerà a farlo dopo nonostante la burocrazia maggiore – sottolinea Luigi Pagliuca, presidente della Cassa nazionale di previdenza dei ragionieri – Allora cosa si deve fare? E’ è evidente che non si può dare, con tutta la buona volontà, una risposta in un secondo. Quello che va creato è un tavolo di colloquio per vedere quali sono gli obiettivi da raggiungere e quali sono gli strumenti migliori da utilizzare. Non chiediamo nient’altro che essere ascoltati; essere ascoltati per far vedere una volta di più che noi siamo utili al Paese”.

In seguito alle mancate risposte su temi come la disapplicazione degli “Isa” – gli Indici sintetici di affidabilità fiscale – e dalla riorganizzazione del calendario delle scadenze fiscale, i commercialisti riuniti a Pisa per il XVI convegno nazionale si dicono pronti ad un nuovo sciopero come quello che, tra il 30 settembre al 7 ottobre 2019, ha portato i professionisti dall’astenersi, per la prima volta, dalla trasmissione telematica dei propri modelli di pagamento F24 e all’astensione dalle udienze delle Commissioni Tributarie.

“Siamo consapevoli del fatto che in questa manovra di bilancio sicuramente non si possono dare alcune delle risposte che il governo precedente non ha dato, mi riferisco per esempio al cambiamento degli indici dell’Isa che sono uno degli elementi su cui invece noi abbiamo aperto un confronto – ha detto l’esponente del Partito democratico Chiara Gribaudo, componente Commissione Lavoro alla Camera, che ha partecipato ai lavori di Pisa – Lo dico da parlamentare, ma il governo si è reso disponibile ad aprire un tavolo di concertazione, un tavolo che ha visto un suo primo incontro a seguito dello sciopero che è stato presentato; andiamo avanti in questa direzione”.

Tra gli altri, anche l’esponente dei Fratelli d’Italia e membro della Commissione Finanze Senato, Andrea De Bertoldi, ha seguito i lavori dell’Anc. Duro il suo giudizio sulla manovra in discussione, in particolare sulle iniziative in campo fiscale. “Siamo di fronte a un razzismo fiscale, un razzismo tributario – ha detto De Bertoldi – Cioè si usa la leva fiscale solamente per una determinata categoria di lavoratori, che sono i dipendenti. Non la si estende ai lavoratori autonomi e agli imprenditori, cioè a coloro che sono i veri produttori di reddito e lavoro. Quindi vuol dire che lo Stato ritiene i lavoratori autonomi e gli imprenditori degli evasori: questo non lo accetterò mai. Non lo accetterò per una questione di equità tra tutti i cittadini italiani, ma anche per una questione più economica, più aziendale: non è possibile che la leva fiscale non riguardi coloro che producono il reddito, che producono il lavoro, cioè i lavoratori autonomi, i liberi professionisti e gli imprenditori italiani”.