Cartoline dalla Biennale: la Svizzera e la danza all’indietro

"Moving Backwards" delle artiste Pauline Boudry e Renate Lorenz

MAG 20, 2019 -

Venezia, 21 mag. (askanews) – C’è qualcosa di immediatamente disturbante, ma anche al tempo stesso di molto affascinante, nel video presentato dal Padiglione della Svizzera alla 58esima Biennale d’arte di Venezia. Si tratta del progetto delle artiste Pauline Boudry e Renate Lorenz intitolato “Moving Backwards”.

Charlotte Laubard, curatrice del padiglione, ci ha raccontato la genesi di questi movimenti in retromarcia intorno ai quali è costruita la video performance.

“Le artiste – ha detto ad askanews – sono state molto colpite dalla storia di queste signore che in Kurdistan stanno combattendo la loro guerra e per ingannare il nemico mettono le scarpe alla rovescia, così possono fare credere di muoversi in avanti mentre in realtà vanno nell’altro senso”.

Il punto, anche concettuale, del lavoro di Boudry e Lorenz, oltre che del gruppo di performer in scena, è proprio il mostrare come l’idea di movimento in avanti o lineare sia relativa e come una semplice inversione di un solo parametro possa mutare l’intero quadro di riferimento, con esiti che nel video prendono anche la forma di possibilità nuove e, perché no, di felicità rinnovabili.

“Questo video – ha aggiunto Laubard – parla di tutti i modi di vedere la retromarcia e la cosa interessante è ovviamente, a livello più concreto, il modo in cui un corpo si muove quando fa dei movimenti all’indetro. E la cosa ci porta naturalmente dalle donne del Kurdistan che camminano alla rovescia alla danza”.

Il padiglione, poi, vive anche come struttura, con quinte che si muovono interagendo sia fisicamente sia a livello semantico con quanto accade nel video, contribuendo alla sensazione di partecipare a una sorta di strana festa, ambientata in un mondo nel quale lo cose non sono esattamente uguali rispetto al nostro.

“L’idea – ha concluso Charlotte Laubard – è proprio che invece di essere colpiti da questa regressione che stiamo vivendo a livello politico e sociale, dobbiamo guardare a cosa vogliono dire questi movimenti, possiamo trovare altri modi per accoglierli e vivere insieme e confrontarsi con il futuro”.

Un futuro nel quale, come il video abbondantemente documenta, c’è spazio per molte diversità, che, in questa sorta di locale notturno in cui è stato trasformato il padiglione elvetico, diventano naturali, semplici. E ci rendiamo conto che molti limiti ce li poniamo da soli, accettando delle sovrastrutture della quali, come i ballerini e le due artiste, potremmo liberarci con qualche passo di danza. Il senso della partecipazione svizzera a questa Biennale dei Tempi interessanti possiamo forse riassumerlo proprio in questa possibilità.