C’era una volta la Milano da bere, ecco la mostra Reality ’80

Da Aldo Rossi a Bettino Craxi: una mostra debordiana

GEN 11, 2019 -

Milano (askanews) Ci sono le prime console di videogiochi e le Timberland, ma anche tanta controcultura e una forma di arte che guardava alla Transavanguardia, e, al tempo stesso cercava di liberarsene. Nella Galleria Gruppo Credito Valtellinese a Palazzo delle Stelline a Milano è aperta la mostra “Reality ’80”, che propone una narrazione per intrecci di un decennio passato alla storia per certi suoi limiti, oltre che per eventi epocali dall’attentato a Wojtyla alla caduta del Muro di Berlino, ma che aveva in realtà in sé una serie di complessità e di opportunità forse uniche. A curare l’esposizione Leo Guerra e Cristina Quadrio Curzio.

“Quello che la mostra vuole dimostrare – ha detto Guerra ad askanews – è proprio il fatto che gli Anni 80 sono stati l’ultimo laboratorio di grande contaminazioni fra epoche, stili, linguaggi, metodologie”.

“Reality – ha aggiunto Quadrio Curzio – è un grande contenitore nel quale tutti hanno la possibilità di buttare dentro quello che vogliono e di fare finalmente tutto quello che vogliono”.

Arte, design, fotografia, cultura popolare, musica, occupazioni, straordinari ritratti di Maria Mulas di Umberto Eco, Gianni Versace oppure di Gorbaciov con Carla Fracci. La mostra rimbalza dalle suggestioni marine di Aldo Rossi ai manifesti di Keith Haring, e ricostruisce perfino l’origine della “Milano da bere”, celebre slogan pubblicitario dell’amaro Ramazzotti che nasce da uno scatto al tramonto di Mario De Biasi. E poi c’è la politica, con una ampia sezione dedicata all’estetica del Partito Socialista di Bettino Craxi.

“La mostra – ha aggiunto Leo Guerra – ha al suo centro la ricostruzione scenica di un lato della piramide che era stata concepita come supporto multimediale all’interno del Congresso del PSI del 1989, che è stato l’ultimo importante del partito prima di Tangentopoli. E questo pulsante start della mostra serve per comunicare al visitatore l’importante ricerca fatta sulla comunicazione visiva elaborata da quel partito tra il 1985 e il 1990”.

In fondo, quello che la mostra ci trasmette con un misto di liberazione e di ansia, è anche la concreta manifestazione delle teorie di Guy Debord che tratteggiò la sua Società dello Spettacolo nel 1968, ma, grandissima ironia della storia, quella fu poi la chiave di lettura di un decennio apparentemente molto meno rivoluzionario dei magnifici Sixities.

“La realtà di tutti i giorni – ha concluso Cristina Quadrio Curzio – diventa spettacolo, se noi pensiamo anche semplicemente agli impiegati, che diventano invece yuppies, si iniziano a mettere la giacca a la cravatta, che l’economia diventa finanza, che la politica diventa spettacolo, che lo spettacolo diventa qualcosa che entra nelle case di tutti, la musica entra nelle case di tutti con i videoclip di Mr. Fantasy: oggi per noi è normale vedere i videoclip musicali, all’epoca no”.

La mostra nella Galleria del Creval resta aperta al pubblico fino al 23 febbraio 2019.