Mani virtuali come esperienza d’arte e libertà: Mélodie Mousset

A Torino un nuovo progetto del collettivo Treti Galaxie

NOV 9, 2018 -

Torino (askanews) – Un deserto dal quale spuntano delle grandi sculture a forma di mani, create proprio dallo spettatore che utilizza gli strumenti della realtà virtuale. Come sempre quando si tratta di un progetto realizzato da Treti Galaxie, art project torinese che negli ultimi anni ha promosso mostre sempre brillanti, si arriva ai confini del contemporaneo, spesso in maniere e luoghi inaspettati. E’ così anche per la mostra “HanaHana: Full Bloom”, dedicata al lavoro dell’artista francese Mélodie Mousset e ospitata negli spazi ipnotici e per certi versi estremi dell’ex MOI.

Matteo Mottin, di Treti Galaxie: “La mano – ha spiegato ad askanews – è il primo strumento utilizzato dall’uomo e dall’artista e Mélodie fa questo parallelo tra l’essere un artista nel Paleolitico e l’essere un artista che lavora con la realtà virtuale che per lei si trova al momento molto agli albori e potrà essere molto perfezionata in futuro”.

Uno degli aspetti cruciali del progetto riguarda la partecipazione, attraverso la collaborazione con DEAR Onlus, dei ragazzi ricoverati presso il reparto di Oncoematologia pediatrica dell’ospedale Regina Margherita di Torino, ai quali si è voluta proporre un’esperienza diretta e completa di arte contemporanea.

Ramona Ponzini, altra testa pensante del collettivo di creativi: “Uno dei vari workshop era proprio incentrato sull’immersione in questa opera d’arte, che parte dal corpo e ritorna al corpo – ci ha spiegato – in quanto trattasi di una sorta di inconscio corporale dell’artista stessa. Così facendo i ragazzi hanno potuto dimenticare per un attimo dove fossero ed esplorare una dimensione psico-corporea con una tensione totalmente costruttiva”.

I risultati, quando si prova l’esperienza virtuale, sono affascinanti e, per molti versi, c’è un senso profondo di libertà, fisica e creativa, una possibilità di influenzare un altrove, oltre al semplice esserci, in questo altrove.

“In quest’opera in particolare – ha concluso Matteo Mottin – abbiamo la possibilità di creare qualcosa, quindi è una versione interattiva della realtà virtuale e ci possiamo spostare nell’ambiente, non è semplicemente un film a 360 gradi nel quale le cose ti succedono, ma sei tu che fai succedere delle cose”.

Cose che, come direbbe Georges Perec, sono quasi tutto, soprattutto se dietro la loro possibilità ci sono le visioni di Treti Galaxie.