Malati o vivaci? E’ boom di diagnosi neuropsichiatriche a scuola

"Non è colpa dei bambini", libro-denuncia del pedagogista Novara

NOV 27, 2017 -

Roma, (askanews) – Malati o vivaci? Il nuovo libro di Daniele Novara “Non è colpa dei bambini” (Bur-Rizzoli) affronta una tematica estremamente delicata: il lento ma inarrestabile aumento di certificazioni nelle scuole negli ultimi 15 anni. Dai disturbi dell’attenzione e iperattività all’autismo, dalla dislessia alla discalculia, molti bambini che un tempo sarebbero stati definiti più semplicemente indisciplinati o in difficoltà – denuncia il pedagogista piacentino – oggi hanno una diagnosi medico-psichiatrica precisa (e una conseguente etichettatura come ad esempio DSA, ovvero disturbi specifici dell’apprendimento o BSA, bisogni speciali dell’apprendimento). Ma attenzione:

“Innanzitutto le certificazioni neuro-psichiatriche dipendono dai genitori, se i genitori non sono d’accordo nessuno può fare una certificazione neuro-psichiatrica di nessun tipo, di nessun tipo – spiega Novara, sottolineando – Il mio libro da un lato si rivolge ai genitori, dall’altro agli operatori scolastici o educativi. Io dico ai genitori: ‘facciamo attenzione’, prima di metterli sul binario della malattia neuropsichiatrica incominciamo a chiederci, ma stiamo facendo tutte le mosse giuste dal punto di vista educativo? Magari nostro figlio non dorme, magari nostro figlio guarda troppa tv, troppi tablet, troppi videogiochi… Proviamo a farci le domande educative e come ultima, ultima, possibilità proviamo a pensare anche che non abbia qualche disturbo nel vero senso della parola. Però sono rari questi, rari”.

In una serata di presentazione alla Città dell’Altra economia (Cae) a Roma, organizzata dal Celio Azzurro, Novara, che svolge circa 500 consulenze l’anno (anche via Skype) ed è direttore del centro Cpp (centro psicopedagogico per l’educazione e la risoluzione dei conflitti), ha sottolineato come l’educazione e la pedagogia abbiano ceduto il posto a una eccessiva medicalizzazione:

“La colpa appunto di un sistema adulto che improvvisamente ha dimenticato cosa vuol dire essere bambini ed essere ragazzi e quindi invece di organizzare dei dispositivi adeguati all’età pensa così di correre, di anticipare, per cui a un bambini di 3 anni viene tolto il pisolino, a un bambino di 5 si spiegano i motivi della separazione dei suoi genitori, a un bambino di 7 lo si mette nel lettone al posto del papà quando il papà è in viaggio per lavoro”, ha denunciato.

Cosa fare allora? Il consiglio dell’autore dei bestseller “Urlare non serve a nulla” (2014) e “Litigare fa bene” (2013), è:

“Bisogna recuperare l’orgoglio dell’essere adulti e dell’essere educativi, non voler essere amici dei figli, voler invece essere dei riferimenti educativi, non voler mettersi alla pari, non farli entrare in bagno quando ci siamo noi, cose anche molto semplici e io mi meraviglio sempre che i giornali dicano ‘un pedagogista controcorrente’, ma io dico delle cose normalissime”, ha ironizzato.