Joseph Kosuth: l’artista e il curatore sono la stessa cosa

Un incontro a Torino per la mostra dei suoi neon da Mazzoleni

NOV 24, 2017 -

Torino (askanews) – Incontrare Joseph Kosuth e il suo lavoro, uno dei più rilevanti del secondo Novecento dell’arte internazionale, è sempre un’esperienza che va oltre una singola mostra o un singolo evento. Anche perché nella galleria Mazzoleni di Torino l’artista americano si presenta nella duplice veste di autore e di curatore con il progetto “Neon in Contextual Play”, che affianca suoi pezzi a opere dell’Arte Povera.

“Questa era l’idea – ha detto Kosuth ad askanews -: i neon erano scrittura pubblica sotto forma di pubblicità. Come per le definizioni, anche qui il punto era non fissare il concetto di un oggetto, ma permettere di continuare a crearlo e ricrearlo”.

I concetti come cuore della riflessione di Kosuth, il linguaggio come tema intorno al quale ha costruito una delle più fertili riflessioni artistiche dei decenni passati, che fa di lui tuttora un gigante, al pari di un Jasper Johns o di un Frank Stella, per citare gli artisti viventi maggiormente rispettati. Ma la chimica della mostra torinese si costruisce soprattutto intorno alla relazione tra Kosuth e i lavori di Mario Merz, Pier Paolo Calzolari ed Emilio Prini.

“Io sono arrivato ai neon prima dell’Arte Povera – ha aggiunto l’artista americano – ma loro sono certo che non conoscessero il mio lavoro e anche Bruce Nauman ha cominciato a usarli qualche anno dopo di me, ma li usava in California e non conoscevano il rispettivo lavoro. Sono arrivato ai neon spontaneamente, nel mio caso in primo luogo perché c’era già una cultura di scrittura pubblica con i neon, per vendere i prodotti certo, ma io li ho tolti da quel contesto e li ho usati per i miei scopi. Volevo creare tautologie”.

Lo stesso doppio binario interpretativo che alimenta il duplice ruolo di Kosuth nella mostra, a cui abbiamo chiesto che differenza ci sia tra l’artista e il curatore. “Sono la stessa cosa – ci ha risposto -. Io mi approprio, di fotografie o di una sedia, prendo questi oggetti e li uso per generare dei significati. Mi sono detto quindi: come sarebbe bello usare la curatela per creare arte. Però voglio essere molto chiaro: tutto il significato in più che nella mostra deriva dalla mia organizzazione dei lavori, è mia responsabilità, per questo è un lavoro artistico, più che una vero e proprio lavoro curatoriale”.

Quando poi gli parliamo dei suoi scritti, come il celebre “Art as Idea as Idea”, ci risponde che era molto giovane all’epoca, ma comunque lo spirito di chi aveva voluto ribaltare il tavolo del sistema d’arte negli anni Sessanta resta indomito, tanto che se citiamo il nome del celebre e molto influente critico Clement Greenberg, Kosuth risponde così: “Prima di Trump c’era Greenberg”.

E anche nel paragone tra il critico e l’attuale presidente degli Stati Uniti si intuisce il senso di una carriera, quella di Kosuth, che ha gettato le basi perché oggi praticamente tutta l’arte sia arte concettuale. E il neon che, da Mazzoleni, recita la parola “NEON” resta come indiscutibile testimonianza di ciò.