Tra l’intimo e il sociale: Luisa Rabbia in Collezione Maramotti

A Reggio Emilia la mostra antologica "Love"

OTT 17, 2017 -

Reggio Emilia (askanews) – La condizione umana, le relazioni tra le persone e con l’ambiente esterno. Il lavoro di Luisa Rabbia, artista piemontese della generazione dei quarantenni che da anni vive a Brooklyn, è spesso costruito intorno al segno e alle interconnessioni, grafiche e metaforiche, che questo crea e induce. Un’esperienza che viene intensificata dalla mostra antologica che la Collezione Maramotti di Reggio Emilia le dedica, ripercorrendo diverse tappe del lavoro di Rabbia, dai disegni degli inizi fino al grande murale site specific realizzato durante una residenza nel museo. E anche il titolo della mostra è significativo e, perché no, anche un po’ ambiguo: “Love”.

A guidarci nel percorso espositivo la direttrice della Collezione, Marina Dacci. “Love – ha spiegato ad askanews – è anche un’attitudine e di questo mi piace parlare, perché nel lavoro di Luisa Rabbia il tema della ricerca nel suo percorso è molto legato a questo amore, chiamiamolo così, nei confronti delle persone, della dimensione interiore, della riflessione su quelle che sono le connessioni tra persone di etnie, generi diversi del genere umano”.

Persone che possono essere i due corpi che si intrecciano nel grande lavoro che apre la mostra, ma anche gli anonimi personaggi che varcano diversi confini in molti lavori che, attraverso una pittura che si rinnova ogni volta, ci parlano del nostro presente.

“Il disegno in Luisa Rabbia – ha aggiunto Marina Dacci – pian piano nel corso del tempo si è trasformato in gesto pittorico. Le sue nebulose di segni sottili, quasi delle ragnatele in cui è prevalente il colore blu, da un lato evocano delle strutture vegetali, come delle radici tentacolari che si mescolano nel terreno, ma possono essere anche il percorso dei vasi sanguigni nel corpo umano, oppure le tracce di qualche transito di persone, come visibile con le impronte digitali che lei usa negli ultimi anni. Non è la lunghezza che determina l’intensità di un lavoro, ma è proprio la partecipazione fisica e corporea dell’artista che ha lavorato dentro lo spazio per alcuni giorni”.

Il risultato è una dimensione sospesa, tra l’intimo e il sociale, che diventa, almeno in questa mostra, la cifra più intensa dell’esperienza dello spettatore.