Farmaci, Aringhieri: open innovation diventato elemento chiave

L'ad di Dompé: "Per agenzia europea Milano è la scelta ideale"

SET 13, 2017 -

Roma, (askanews) – Il settore farmaceutico in tutti il mondo “sta vivendo il secondo tempo di una partita sono cambiate numerose cose”, oggi le aziende “si devono specializzare oggi su un pezzo della catena del valore e devono cercare connessioni con altri centri di competenza” e da questo “l’open innovation diventa un elemento chiave”.

L’amministratore delegato di Dompé Farmaceutici, Eugenio Aringhieri, sintetizza così l’evoluzione del settore di questi ultimi anni e per la sua azienda parla di un 2017 “importante” dopo l’aquisizione del ramo pharma di Bracco e il lancio di Oxervate ma che “rappresenta la punta dell’iceberg, la parte visibile di un percorso che è nato molti anni fa e che ha messo la ricerca e quindi la capacità di innovare al centro della nostra strategia”.

“Il settore farmaceutico nel mondo sta vivendo il secondo tempo di una partita sono cambiate numerose cose anche fattori esterni le hanno condizionate – spiega – come ad esempio l’aspettativa di vita che è cambiata: oggi un bambino o una bambina che nasce ha 10 anni di più di aspettativa di vita rispetto alla mamma che lo concepisce e questa è la buona notizia del giorno. Ma intorno a quello è cambiato anche il bisogno di salute e quindi la cronicizzazione di alcune malattie ed alcune malattie che prima non si vedevano e che ora si riescono a vedere. E dall altra parte la tecnologia e lo sviluppo tecnologico che ha dotato di una cassetta degli attrezzi che ha cambiato veramente il mondo sia in termini diagnostici, si capisce molto di più, prima, ed in modo molto più fine, e sia in termini terapeutici perché oggi la ricerca riesce ad essere molto più mirata e personalizzata. Si va proprio verso la personalizzazione del trattamento. Questo cambio di regole indubbiamente ha esposto le aziende a rivedere il proprio modello di impresa a quindi stiamo vivendo un vero e proprio rinascimento del settore”.

La ricerca, sottolinea Aringhieri, è però nel frattempo molto cambiata di fronte alle nuove complessità insite nei farmaci. “La cassetta degli attrezzi evoluta – dice l’a.d. Di Dompé – vuol dire in parole povere che abbiamo opportunità perché le scienze omiche quindi genomiche e proteomiche, la nanotecnologia, la biotecnologia danno nuove opportunità ma hanno aumentato esponenzialmente la complessità. Si pensi che 20 anni fa l 80% della ricerca si faceva dentro i laboratori delle aziende e solo il 20% attraverso supporti esterni mentre oggi la percentuale si è ribaltata l’80% avviene attraverso connessioni con l’esterno e il 20% dentro. Perché le aziende si devono specializzare oggi su un pezzo della catena del valore e devono cercare connessioni con altri centri di competenza per poter sfruttare al meglio le opportunità che ci sono. Da lì l’open innovation diventa un elemento chiave. Non solo la connessione è un elemento chiave ma anche la contaminazione perché oggi scienza e tecnologia vanno di pari passo ormai le agenzie di regolazione stanno valutando le digital drag e quindi andremo verso una medicina sempre più connessa”.

Di qui la scelta del Gruppo di puntare sull’innovazione coinvolgendo le eccellenze di tutto il mondo, fino ad arrivare al debutto sul mercato dell’Oxervate, il farmaco nato dalla ricerca di Rita Levi Montalcini premiata con il Nobel. “Il 2017 è un anno importante ma rappresenta la punta dell’iceberg, è la parte visibile di un percorso che è nato molti anni fa e che ha messo la ricerca e quindi la capacità di innovare al centro della nostra strategia. E Oxervate, il nostro Ngf, nasce da un’intuizione che poi valse il Nobel alla professoressa Levi Montalcini, quindi rappresenta fin dall’inizio un’eccellenza italiana è stato sviluppato nel mondo attraverso ricerche che hanno coinvolto centri di eccellenza in Europa e negli Stati Uniti e che ha portato alla dimostrazione che questa molecola ha la possibilità di risolvere un problema finora irrisolto, una malattia rara a carico della cornea, e quindi l’agenzia del farmaco il 6 di luglio ha deciso che la comunicazione era sufficiente ed il bisogno di salute era importante per poter dare l’accesso al mercato. E infatti adesso stiamo lavorando per garantire i primi trattamenti. Inizieremo dalla Germania perché lì c’è un sistema di accesso diverso rispetto agli altri paesi, dove si discute dopo essere andati sul mercato ma stiamo discutendo in parallelo con l’agenzia del farmaco in Italia, in Francia, in UK, in Spagna quindi stiamo per dare, attraverso una tecnologia italiana, una nuova speranza a pazienti che finora non l’hanno avuta. Quindi un anno molto importante”.

Mercato europeo che a breve potrebbe trovare a Milano la prossima sede dell’EMA, l’agenzia Ue del farmaco. Per Aringhieri “gli elementi per il sì sono molto complessi e a volte escono anche da valutazioni tecniche. Quello che posso dire è che l’Italia oggi rappresenta un hub per tanti motivi. E ideale perché non solo la logistica la aiuta ma anche la centralità e le connessioni con università importanti, il farmaceutico in Italia rappresenta comunque un’opportunità per il Paese e continua ad essere una locomotiva che traina la crescita. Quindi insomma credo che ce la meriteremmo e siamo un posto che potrebbe accogliere e valorizzare un agenzia così importante come l’EMA. Quindi io ci spero ma ovviamente gli elementi per un sì sono molto complessi e ovviamente non li capisco nemmeno tutti. Però la notizia positiva è che c’è da aspettare poco, credo che già il prossimo mese avremo notizie su questo”.