Mafia capitale: condanne pesanti, ma cade l’accusa di mafia

20 anni a Carminati, 19 a Salvatore Buzzi

LUG 20, 2017 -

Roma, (askanews) – Quasi colpevoli, ma non di mafia. La corte d’Assise del tribunale di Roma ci ha messo mezz’ora a leggere la sentenza del processo Mafia Capitale, condannando a 20 e 19 anni i due principali imputati, Massimo Carminati e Salvatore Buzzi. Pene pesanti, 41 condanne in tutto e 5 assolti, per quasi trecento anni complessivi di carcere. Ma la sentenza smentisce i legami con la mafia e la ndrangheta. La corruzione che ha pervaso il sistema dell’assegnazione degli appalti a Roma coinvolgendo riciclaggio, estorsioni, false fatturazioni insomma non avrebbe a che fare con il crimine organizzato.

Presente alla sentenza anche la sindaca di Roma, Virginia Raggi: “Dobbiamo mantenere la guardia alta. E’ stato accertato che c’è un’associazione criminale che è stata in grado di condizionare pesantemente questa città, i danni li stiamo pagando li stiamo vedendo. Il nostro compito è andare avanti nel solco della legalità”.

La vicenda passata alla storia come Mafia Capitale cominciò poco prima del Natale 2014: al Campidoglio sedeva Gianni Alemanno. Si parla anche del Mondo di Mezzo: non i vertici del sistema politico ma la rete di consiglieri comunali, imprenditori, affaristi, faccendieri che ai soldi pubblici si abbeverava. Una inchiesta che ha chiamato in causa pezzi del mondo romano a destra e a sinistra. A capo del sistema viene indicato appunto l’ex terrorista nero Massimo Carminati. In manette anche il ras del cooperative Salvatore Buzzi. E poi ex consiglieri comunali sia Pd che Pdl, imprenditori, ex assessori, ex amministratori delle municipalizzate.

Ma se il Tribunale conferma l’estrema corruzione della vita romana, la caduta dell’accusa di associazione mafiosa sembra a molti una sconfessione dell’opera della procura diretta da Giuseppe Pignatone, una minimizzazione dell’impatto criminale sulla società. Giosué Bruno Naso, avvocato di Carminati: “Sono pene date per compensare lo schiaffo morale dato alla Procura. Non so se questo processo ha dei vincitori, ha certamente uno sconfitto, lo sconfitto è Pignatone”.

La replica del sostituto procuratore Paolo Ielo: “Noi rispettiamo le sentenze sia nella parte in cui ci danno ragione sia in quelle in cui ci dà torto. Leggeremo le motivazioni, se non saremo convinti impugneremo”.