Da Duchamp a Cattelan, l’arte contemporanea conquista il Palatino

100 opere sul colle più antico di Roma, dialogo antico-moderno

GIU 27, 2017 -

Roma, (askanews) – Sono oltre 100 le opere della mostra “Da Duchamp a Cattelan, Arte contemporanea sul Palatino”.

Venti le grandi installazioni come l’Archipensiero di Gianni Pettena o il luogo di raccoglimento multiconfessionale e laico di Michelangelo Pistoletto o “After Love” di Vedovamazzei, alias la casetta sbilenca di Buster Keaton, o “Gli occhi di Segantini” di Luca Vitone, riproduzione della casetta di legno dove visse l’artista trentino; e ancora la grande tela scenica di Mario Schifano o la diagonale Palatina di Mauro Staccioli, tra opere site-specific, create appositamente per la mostra, e altre nate indipendentemente, che rimarranno esposte fino al 29 ottobre sul colle che segnò la nascita di Roma.

Il curatore Alberto Fiz: “Tutte le opere sono state selezionate, pensate, per creare questo dialogo che a volte è più evidente, a volte è più enigmatico, a volte è decisamente ironico”.

La mostra spazia all’interno dello Stadio Palatino e del peristilio inferiore della Domus Augustana fino alle Arcate severiane con le soprastanti Terrazze.

Lavori che provengono dal museo Alt (Arte lavoro territorio) creato dall’architetto e collezionista Tullio Leggeri. Tra il vaso di Alan McCollum, il provocatorio Orso di peluche che fa la cacca (Bear Sculpture) dell’americano Paul McCarthy, lo specchio calpestabile di Cattelan, la lupa smunta di Ugo la Pietra e i Rotoreliefs di Marcel Duchamp, c’è poi la mostra nella mostra, con 33 ritratti, tra cui l’autoritratto di Marina Abramovic, e la raccolta Mani, vera ossessione del collezionista lombardo.

Nel catalogo edito da Electa si affronta il tema della relazione tra antico e contemporaneo, come ci spiega il soprintendente Francesco Prosperetti, ideatore della mostra assieme a Fiz. Dietro di lui l’opera di Remo Salvadori:

“Ormai il pubblico che visita questi luoghi è un pubblico di massa, è un pubblico che viene da tutte le parti del mondo e che paradossalmente ha più dimestichezza con il linguaggio degli artisti contemporanei che non con le rovine antiche, noi siamo convinti che questa cosa verrà accolta con favore”.

Gianluca Codeghini, che qui espone i suoi dadi giganti (Dice-non-Dice), sottolinea:

“Questa mostra è venuta estremamente bene, ci sono delle opere che si integrano di più, alcune meno, ma comunque è estremamente forte e intenso il risultato”