Sud Sudan, donne e bambini in lotta per sconfiggere la fame

Trattamenti salvavita contro il dramma della malnutrizione

MAR 27, 2017 -

Aweil, Sud Sudan (askanews) – Sono ormai almeno 6 anni che il Sud Sudan, in Africa centrorientale, a intermittenza è teatro di un conflitto interetnico atroce e sanguinario, inaspritosi nel 2013, tra i Dinka, sostenitori del presidente, Kiir e i ribelli Nuer, fedeli al suo vice, Machar. Una vera e propria guerra civile, alimentata dalla corruzione, che sta avendo gravissime conseguenze sulla popolazione locale, ridotta ormai alla fame.

I leader del Sud Sudan hanno lottato per anni per l’indipendenza del Paese ma, una volta ottenuta quest’ultima, nel 2011, i combattimenti sono continuati all’interno, tra fazioni opposte della stessa popolazione.

A fare le spese della malnutrizione sono soprattutto donne e bambini. Gli analisti internazionali sostengono che la crisi alimentare in realtà non è casuale ma è stata “programmata a tavolino” dai leader del Paese che spesso utilizzano la carestia come arma contro i ribelli, anche bloccando strategicamente, in maniera deliberata, l’arrivo di aiuti umanitari. Non è un caso, spiegano, che le zone più colpite dalla malnutrizione siano aree controllate dall’opposizione di etnia Nuer, come ha rivelato un recente rapporto delle Nazioni Unite.

“La situazione è drammatica – spiega Judy Juru Michael dell’Unicef – se non ci sbrighiamo a fare qualcosa di più per questa gente andremo incontro a una catastrofe e non possiamo permetterlo. L’Unicef e diversi partner stanno lavorando duramente per assicurare una risposta che possa gradualmente mitigare le condizione della popolazione”.

Circa un terzo dei sudanesi del Sud, almeno 2 milioni e mezzo di persone, è stato costretto a lasciare la propria abitazione, mentre almeno 5 milioni e mezzo di cittadini contano proprio sugli aiuti umanitari per sopravvivere e ricevono trattamenti salvavita per combattere la malnutrizione.

Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia hanno reiterato di recente la richiesta di sanzioni o di un embargo sulle armi che era stata bocciata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu a dicembre 2016. Dal canto suo, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres ha denunciato il rifiuto, da parte della leadership del Paese, anche semplicemente di riconoscere la crisi e di far fronte alle proprie responsabilità per affrontarla nella maniera più corretta.