Separarsi con pratica collaborativa per evitare traumi e stress

Arriva in Italia un libro curato da Cristina Mordiglia

OTT 4, 2016 -

Milan0 (askanews) – Quando in una coppia si arriva alla separazione seguono momenti di grande difficoltà e stress, soprattutto se ci sono figli piccoli, mutui da pagare. Spesso la rottura è traumatica, e la comunicazione finisce nelle mani di un legale. Eppure esiste un modo alternativo, che evita le aule dei tribunali e consente di arrivare a un accordo diretto tra marito e moglie. E’ la pratica collaborativa, un metodo che negli Stati Uniti ha già fatto scuola e che sta arrivando in Italia anche grazie all’impegno di un avvocato, Cristina Mordiglia, che ha curato l’edizione italiana di un volume “Pratica Collaborativa, approfondiamo il dialogo” della scrittrice canadese Nancy Cameron.

“Questo libro mancava, è un testo fondamentale che mancava non solo per i professionisti ma può interessare anche anche una platea più allargata, e dei potenziali clienti, persone in difficoltà a gestire un conflitto familiare ma ora la stiamo estendendo anche al civile e al commerciale”

L’associazione professionisti collaborativi ha contribuito alla stesura del libro, che spiega i punti di forza dei questo metodo, a partire proprio dalla conciliazione del conflitto al di fuori delle aule di un tribunale. La persona, in questo caso la coppia, torna al centro e una serie di professionisti a partire da avvocati ma anche psicologi e commercialisti li accompagna nella ricerca di un accordo:

“Noi chiediamo addirittura alle parti di firmare un accordo di inizio con cui ci si impegna alla lealtà alla trasparenza a non parlare male dell’altro coniuge e a non andare in giudizio che è la forza della pratica collaborativa”.

L’assenza di una alternativa giudiziale spinge le parti in conflitto a impegnarsi per trovare una soluzione, in un lavoro di squadra che vede coinvolti anche i professionisti collaborativi:

“Il bello di questa nuova modalità è lavorare con le altre scienze che lavorano sulla persona perchè alla fine trattavamo argomenti così delicati, importanti per le persone in quel conflitto in modo asettico l’emozione non era considerata rispetto al diritto così come è poco considerata in tribunale”.

A differenza della mediazione familiare con la pratica collaborativa oltre all’assistenza dei legali sono i due ex a trovare un accordo non un mediatore, con i tempi e le modalità che ritengono meno traumatiche per sè e la propria famiglia.