Trivelle, Realacci: voto sì per segnale di futuro politico green

"Se però diventasse referendum su Renzi non potrei"

APR 7, 2016 -

Roma, (askanews) – E’ scattato il conto alla rovescia per il cosiddetto referendum sulle trivelle, voluto dalle Regioni italiane (nove), per la prima volta nella storia di questo istituto in Italia. Gli italiani saranno quindi chiamati a votare il 17 aprile prossimo, ed askanews intende proporre le ragioni delle diverse posizioni in campo. Cominciando da quelle del sì, cioè dell’abrogazione della norma oggetto del quesito referendario. Di cosa si tratta e perchè si dovrebbe votare sì lo abbiamo chiesto a Ermete Realacci, deputato del Pd e presidente della commissione Ambiente della Camera, che in questo senso si è espresso. Innanzitutto cosa siamo chiamati a votare realmente?

“Il quesito è molto limitato. Si va a votare su una norma che prevede che le piattaforme marine entro le 12 miglia possano continuare ad estrarre, soprattutto gas, fino all’esaurimento del giacimento. Sono piattaforme che attualmente estraggono il 3% circa del gas che consumiamo, l’1% del petrolio. E’ chiaro che se le chiudessimo il gas ed il petrolio in questione li prenderemmo da fuori, non è che smetteremmo di consumare gas. Il quesito è poi l’ultimo sopravvissuto di una partita di 6 referendum che sono stati richiesti per la prima volta nella storia d’Italia dalle regioni, per rispondere allo “Sblocca Italia”, dove il governo fece scelte per me discutibili, e lo dissi, anzi per un emendamento dello “Sblocca Italia”, che contiene anche molte cose positive per il settore, penso al dissesto idrogeologico, metropolitane, ferrovie. Ci fu però anche una scelta forte di enfatizzazione delle potenzialità del petrolio dell’Italia, centralizzando molto e scavalcando le regioni che hanno reagito. Nella Stabilità il governo ha cambiato le norme tanto che 5 referendum sono stati riassorbiti, ed erano importanti, a cominciare dal blocco delle trivellazioni entro le 12 miglia. Ecco, si poteva lavorare per riassorbire anche l’ultimo quesito, non è stato fatto e quindi andiamo a votare”.

“Lei voterà sì”.

“Io francamente voto sì, non tanto per il valore del quesito ma perchè voglio dare un segnale verso una politica che spinga di più sul risparmio energetico, le fonti rinnovabili, l’innovazione e la tecnologia. Questo per me è il senso del sì al referendum”.

Nei palazzi, e nel sentire comune giorno dopo giorno, questo referendum rischia però di diventare da tecnico, anche se caratterizzato da forti tematiche green, anche un reale polso politico:

“E questo mi può mettere in imbarazzo, se il referendum diventasse un referendum sul governo o su Renzi io non potrei votare sì, e neanche partecipare al voto. Anche perchè sinceramente penso che il futuro dell’Italia, di un’Italia attenta ai temi ambientali, è poco rappresentato da un asse tra Salvini, Grillo e Berlusconi. Mi auguro che questo elemento non sia quello prevalente da qui al voto. E le cose che dico valgono qualunque sia il risultato del 17 aprile perchè io veramente penso che l’Italia sia più forte se fa un investimento sul futuro. C’è una bellissima frase pronunciata qualche decennio fa dall’allora ministro dell’Arabia Saudita, lo sceicco Yamani: l’età della pietra non è finita per mancanza di pietre e l’età del petrolio non finirà per l’esaurimento del pozzi ma per la tecnologia. Che è il vero nemico dell’Opec, e su questo concordo. Il superamento dei combustibili fossili quindi non avverrà perchè finirà il petrolio, almeno nel tempo che ci è dato di prevedere, e tantomeno per la chiusura di qualche piattaforma. Finirà se la nostra economia, come sta in parte già accadendo, si orienterà verso l’efficienza, consumi più intelligenti e sobri, rinnovabili. Vorrei che questo orientamento fosse più forte ed è questo il senso del mio sì, un senso che va, come detto, al di là dello stesso risultato finale di questo referendum”.