‘Ndrangheta, indussero pentita al suicidio: arrestati 3 familiari

Undici fermi nella cosca Pesce

FEB 9, 2012 -

Reggio Calabria, (askanews) – Maltrattamenti e violenze per far ritrattare le dichiarazioni di una pentita ai magistrati, sino a indurla al suicidio: sono le accuse che hanno portato all’arresto di madre, padre e figlio di Maria Concetta Cacciola, la collaboratrice di giustizia morta il 20 agosto del 2011 dopo aver ingerito dell’acido muriatico. Secondo la ricostruzione della Procura di Palmi e della Dda di Reggio Calabria, che indagano sulla misteriosa morte, i tre avrebbero indotto la donna al suicidio. Maria Concetta Cacciola aveva iniziato a collaborare nel maggio 2011: al centro delle confessioni fatti di sangue riconducibili alle cosche Cacciola e Bellocco, e l’appartenenza della famiglia al contesto mafioso di Rosarno.Le rivelazioni della Cacciola, insieme a quelle di Giuseppina Pesce, donna del clan collaboratrice di giustizia, e a un pizzino scritto da boss Francesco Pesce dopo il suo arresto, il 9 agosto scorso, hanno permesso ai carabinieri di ricostruire le nuove gerarchie della cosca Pesce e a colpire la ‘ndrina con il fermo di 11 presunti affiliati. I fermi e gli arresti sono il risultato di due provvedimenti distinti, ma sono stati eseguiti nella stessa operazione, denominata Califfo, eseguita dai carabinieri del Ros di Reggio Calabria.