Radice, Pulici e Graziani: “Un padre che chiamavamo il tedesco”

Il cordoglio del Torino che vinse lo scudetto nel 1976

DIC 7, 2018 -

Roma, 7 dic. (askanews) – “Addio, Mister Radice, colonna della nostra storia. Ieri, oggi, per sempre”. Con questo tweet il club granata ricorda Gigi Radice, l’allenatore che nel 1976 porto’ il Toro a vincere l’ultimo scudetto della sua storia. La morte di Gigi Radice ha emozionato tutto il mondo del calcio. In primo luogo quello del Torino. “Entra di diritto nel pantheon granata con gli eroi di Superga” dice il presidente Urbano Cairo.

“È stato un maestro, un papà. Mi ha aiutato a essere qualcosa di più di un buon calciatore, mi ha aiutato anche a essere un uomo fuori dal campo” ha detto l’ex bomber del Toro Paolo Pulici “era un allenatore che pretendeva da tutti serietà. Ma era anche un uomo e come uomo chiedeva certe particolarità e bisognava rispettarle. I consigli che ti dava, se li ascoltavi, ti facevano sempre andare in campo e fare bene”. Per l’altro gemello del gol ciccio Graziani “con i suoi consigli sono cresciuto tecnicamente e caratterialmente, ha inciso moltissimo sulla mia carriera e grazie a lui il Torino tornò a vincere lo scudetto dopo la tragedia di Superga. C’è tanto di lui in quella grande impresa”. “Noi lo chiamavamo il tedesco, il sergente di ferro. La domenica dopo una vittoria veniva negli spogliatoi e ci diceva sempre la stessa cosa: stasera mangiate tranquilli, ma non avete fatto niente. Poi, rivolgendosi a me o Pulici: hai fatto un gol straordinario, ma se domenica non ne fai due…Noi scherzando gli dicevamo che era un martello”. Il calcio olandese dove tutti erano bravi a fare tutto era il suo modello”. Radice si è spento dopo una lunga malattia: “Sapevamo purtroppo che la notizia della sua scomparsa prima o poi sarebbe arrivata -rivela Graziani-, la malattia aveva preso il sopravvento e non potevamo nemmeno andarlo a trovare. L’ultima volta lo vidi sei anni fa, ma già non stava bene. Poi è peggiorato molto. Gli auguro di riposare in pace in paradiso”. Infine Claudio Sala: “In campo pretendeva che tutti noi dessimo il massimo, sempre. Dal punto di vista umano era un uomo leale e onesto con tutti noi, diretto. Purtroppo ha avuto una malattia tremenda, che da tanti anni ormai lo stava logorando nonostante un fisico molto forte”.