Chiudono i Giochi di PyeongChang: record, politica e doping

Dialogo tra le Coree e imprese sportive, in attesa di Pechino

FEB 25, 2018 -

Pyeongchang (Corea del Sud), 25 feb. (askanews) – Con la cerimonia di chiusura allo Stadio Olimpico di PyeongChang si concludono i XXIII Giochi olimpici invernali, per la prima volta organizzati in Corea del Sud. I 17 giorni di gare, accompagnati dall’onnipresente slogan “Passion, Connected”, hanno visto in gara 2.920 atleti suddivisi in 92 squadre, 91 dei Comitati olimpici nazionali più la delegazione degli Atleti Olimpici Russi (OAR), conseguenza della esclusione dei Giochi del Comitato olimpico russo in seguito alle gravissime vicende sul doping, nella quale sono stati invitati a partecipare atleti che hanno superato numerosi e severi test. Il CIO ha sottolineato con vigore la battaglia anti doping e l’importanza di queste verifiche sui russi, ma, nonostante l’enorme attenzione, anche in Corea sono stati scoperti due casi di doping nella squadra OAR, cosa che ha suscitato un “grande disappunto” nel CIO e ha portato a confermare l’esclusione della bandiera russa anche dalla cerimonia di chiusura, nonostante da più parti si confidasse in una soluzione diversa. Ma i test falliti dal giocatore di curling Aleksandr Krushelnitckii e dalla bobista Nadezdha Sergeeva hanno motivato la decisione negativa del Comitato olimpico. Un terzo caso di doping, cronologicamente il primo scoperto, ha invece riguardato un pattinatore giapponese.

Oltre il doping, però, i Giochi di PyeongChang sono stati una vetrina per la Corea del Sud e una palestra di relazioni con i vicini-rivali della Corea del Nord. Il regime di Pyongyang ha sfruttato la ribalta offerta dalle Olimpiadi inviando alla cerimonia inaugurale la sorella del leader Kim Jong-un e sfruttando la squadra unita di hockey su ghiaccio femminile per presentare al mondo le proprie cheerleader, ma anche per provare sul piano politico a dialogare più direttamente con Seoul e con il presidente Moon Jae-in, tentando di lasciare ai margini gli Stati Uniti. Che, dal canto loro, non hanno perso tempo con il vicepresidente Mike Pence, anche lui all’inaugurazione, a ribadire la totale indisponibilità ad aprire a Kim.

Ma le Olimpiadi sono (anche) un grande evento sportivo, che ha messo in palio 102 medaglie d’oro. Anche questo, oltre ai già citati numeri degli atleti e di squadre partecipanti, un dato da record per le Olimpiadi invernali, che ha fatto dire al presidente del CIO Thomas Bach che “il Comitato organizzatore delle Olimpiadi invernali di PyeongChang e i nostri amici e partner coreani hanno portato i Giochi a un nuovo livello”. In questo contesto si possono citare altri numeri, come il 41,5% di atlete donne (1.212) e il 100,9% di biglietti venduti (dato ufficiale del Comitato organizzatore), all’80% in Corea e al 20% all’estero. Resta, pur a fronte di quest’ultimo tema, la sensazione che spesso gli impianti non fossero così affollati di pubblico, salvo in occasione delle gare con concorrenti sudcoreani, quasi sempre invece garanzia di tutto esaurito. E in ogni caso alle ore 14 del 25 febbraio, il Comitato organizzatore ha stimato il numero complessivo degli spettatori che hanno raggiunto i siti olimpici in 1.387.475. La sfida alle prossime Olimpiadi invernali è lanciata, e poiché saranno a Pechino sembra ragionevole ipotizzare che la Cina farà di tutto per superare i risultati di PyeongChang.

Tra le immagini sportive da ricordare di queste Olimpiadi coreane va certamente citata quella della sciatrice ceca Ester Ledecka, capace di vincere – nessuna donna ci era mai riuscita, due uomini sì, ma nel 1924 e 1928 – due Ori in due sport diversi. Per lei il trionfo, atteso, nel parallelo di snowboard, ma prima era arrivato quello assolutamente sorprendente nel super G di sci alpino. Da ricordare anche i due ori di Marcel Hirscher, il campione austriaco di sci alpino che aveva vinto tutto tranne, prima di PyeongChang, una medaglia olimpica. Grandissime imprese nel biathlon per il francese Martin Fourcade, vincitore di tre ori, e il norvegese Johannes Hoesflot Klaebo, anche lui vincitore di tre ori nello sci di fondo. La lista può continuare con la russa (OAR) Alina Zagitova, oro nel pattinaggio individuale a soli 15 anni, davanti a un’altra atleta stupefacente come la connazionale Evgenia Medvedeva. E poi a fare la storia di queste Olimpiadi ci sono anche le sconfitte, come quelle della grandissima Lindsey Vonn, battuta da Sofia Goggia nella discesa libera (per lei un Bronzo), finita sesta nel super G della Ledecka e uscita nello slalom della combinata quando era al comando dopo la prima prova. Il sorriso le è rimasto, e anche gli inviti a non smettere. Ma ancora la risposta lei non l’ha data.

Ultimo capitolo, non meno importante, anzi: gli italiani. Al netto del fatto che Casa Italia, piccolo gioiello costruito dal Coni e affidato a Diego Nepi Molineris, è stata in assoluto uno dei luoghi più ammirati e frequentati dell’Olimpiade coreana, al netto di questo resta il bilancio sportivo, che lo stesso presidente del Coni Giovanni Malagò ha definito “da 7 in pagella”. “Mi ero sbilanciato – ha detto nella conferenza stampa finale – poi siccome non mi va di essere falso, visto che a questa doppia cifra ci siamo arrivati da tre giorni, ero convinto che potessimo salire. Però io credo che tutti quanti se prima della manifestazione ci avessero detto di un’Italia con dieci medaglie con tre d’oro tutti avrebbero detto ‘bravi, complimenti’. Quattro anni fa se ne erano vinte otto e nessuna d’oro, otto anni fa cinque di cui solo una d’oro. Dobbiamo a questo punto ulteriormente migliorarci per Pechino, e questo non sarà facile, perché partiamo da dieci medaglie con tre d’oro. Insomma questa è la sfida”. Ossia, parola di Malagò, 13-15 medaglie per il 2022.

Tre i memorabili ori azzurri, tutti di uguale valore: quello di Arianna Fontana nei 500 metri dello short track, cui poi la portabandiera dell’inaugurazione ha aggiunto l’argento della staffetta e il bronzo dei 1.000 metri; quello di Michela Moioli nello snowboardcross, frutto di una rinascita dopo un grave infortunio proprio nella finale olimpica di Sochi e di un dominio tecnico indiscutibile; e infine, cronologicamente, quello di Sofia Goggia nella discesa libera, arrivato con una gara diventata perfetta in corso d’opera dopo le parziali delusioni del gigante e del super G. Nessuna donna italiana aveva mai vinto la discesa libera olimpica prima di Sofia, e anche questo è un record che resterà dopo questi Giochi. Ma, per una volta, a contare non sono stati solo i podii: dal pattinaggio di figura non sono arrivate medaglie per l’Italia, ma il quarto posto nel Team event, il sesto di Hotarek-Marchei nella coppia e il quinto di Carolina Kostner nell’individuale sono comunque risultati memorabili, che, nel caso della lunghissima e straordinaria carriera della Kostner, sono stati riconosciuti anche da Malagò che l’ha scelta per portare la bandiera tricolore nella cerimonia di chiusura dei Giochi di PyeongChang.