60 anni fa Gagarin nello spazio: dalla Terra blu al Pianeta rosso

Il 12 aprile è la Giornata internazionale del volo spaziale umano

APR 12, 2021 -

Roma, 12 apr. (askanews) – Il 12 aprile 1961 il sovietico Yuri Gagarin a bordo della navicella Vostok venne lanciato nello spazio dove rimase in orbita per 108 minuti, rientrando poi sano e salvo sulla Terra dove venne acclamato come un eroe. Fu lui il primo a vedere il nostro pianeta dallo spazio (“Vedo la Terra, è blu”, disse), fu lui a dimostrare che l’uomo può sopravvivere in quell’ambiente ostile, fu la sua impresa a segnare l’inizio dell’esplorazione umana dello spazio. Quell’esplorazione che, negli anni, grazie agli sviluppi scientifici e tecnologici ha guardato sempre più lontano fino a spingersi a immaginare future basi marziane.

Il 12 aprile 1961 segna dunque una data storica che le Nazioni Unite hanno voluto celebrare con la Giornata internazionale del volo spaziale umano ricordandone alcune tappe salienti: Valentina Tereshkova la prima donna – anche lei sovietica – a orbitare attorno alla Terra il 16 giugno 1963; Neil Armstrong, il primo essere umano a mettere piede sulla superficie della Luna il 20 luglio 1969 e l’attracco delle navicelle Apollo e Soyuz il 17 luglio 1975, che segnò la fine della guerra fredda spaziale tra Usa e Urss e che gettò le basi per quello spirito di collaborazione internazionale che ha portato nel 1998 alla costruzione della Stazione spaziale internazionale da parte di Stati Uniti, Russia, Europa, Giappone e Canada.

Quel laboratorio orbitante a 400 km di altezza dalla Terra, che regala ai suoi occupanti l’incredibile spettacolo di 16 albe e altrettanti tramonti, a partire dal 2000 abitato stabilmente da equipaggi formati da uomini e donne di diverse nazionalità che si succedono in rotazione e che rappresentano la volontà comune dell’umanità di lavorare per migliorare la vita dell’uomo sulla Terra. Un’impresa a cui l’Italia ha contribuito in modo importante (solo un esempio, oltre il 40 per cento del volume abitabile della Stazione è made in Italy) e contribuisce ancora sia dal punto di vista tecnologico e scientifico sia con la presenza di astronauti “azzurri” (alcuni impegnati anche in più di una missione sia Esa che Asi) dal primo Umberto Guidoni agli astronauti del corpo Esa Roberto Vittori, Luca Parmitano (che ha rivestito anche il ruolo di comandante), Paolo Nespoli, Samantha Cristoforetti che dopo la missione Futura dell’Agenzia spaziale italiana si appresta a tornare il prossimo anno sulla Iss.

L’uomo, si sa, guarda sempre oltre. E oggi l’oltre più vicino – nel tempo e nello spazio – è la Luna. È lì, sul nostro satellite distante poco meno di 400mila km, che l’uomo vuole tornare e questa volta non per raccogliere frammenti da riportare sulla Terra ma per farne una possibile base e un avamposto per spingersi ancora più in là, verso il pianeta rosso. Il programma Artemis della Nasa – articolato in più fasi, la prima prevista nel 2024 – a cui collabora anche l’Esa vede l’Italia giocare con l’Asi un ruolo importante, sia per la base orbitante Gateway sia per la realizzazione di insediamenti lunari. È di questi giorni la firma di un accordo tra Asi (che ha stretto una collaborazione strategica con la Nasa per questo programma) e Thales Alenia Space per lo sviluppo di 16 idee progettuali che riguardano moduli abitabili, laboratori, sistemi di trasporto e di comunicazione.

Dopo la Iss, la Luna potrebbe diventare quasi una seconda casa per l’umanità in attesa di spingersi ancora oltre, verso Marte intorno al quale da anni orbitano sonde impegnate a svelarne i segreti, sul quale si muovono rover e dove tra un paio di giorni si librerà in volo l’elicottero Ingenuity della Nasa. Verrà un giorno in cui dallo spazio un uomo o una donna dirà: “Vedo il pianeta rosso”. Quel giorno segnerà un’altra incredibile tappa dell’esplorazione umana.