ASI, Saccoccia: con Vega Italia torna a correre e guarda alla Luna

"Col governo lavoriamo per accordo bilaterale con Usa per Artemis"

GIU 17, 2020 -

Roma, 17 giu. (askanews) – Il lancio del Vega in programma alle 3.51 (ora italiana) del 19 giugno rappresenta simbolicamente la ripartenza dell’Italia dello spazio dopo il lockdown dovuto alla pandemia di Covid-19, che ha rallentato la produzione ma non ha spento la creatività e la voglia di innovare propri di questo importante comparto dell’economia italiana. Ora, assicura ad askanews il presidente dell’Agenzia spaziale italiana Giorgio Saccoccia, l’Italia dello spazio ha ripreso a correre. E guarda alle opportunità offerte dalla nuova esplorazione della Luna.

Presidente Saccoccia, il lanciatore europeo Vega, costruito da Avio negli stabilimenti di Colleferro alle porte di Roma, si appresta a tornare nello spazio per la sua prima missione del 2020, inizialmente prevista alla fine dello scorso marzo e rinviata a causa del lockdown dovuto alla pandemia di Covid-19. Un lancio che segna anche il ritorno in rampa del lanciatore dopo il fallimento della missione numero 15 per un’avaria nel luglio 2019. Possiamo dire che il Vega sulla rampa di lancio rappresenta simbolicamente la ripartenza dell’Italia per lo spazio post lockdown?

“Direi che sì, è un bel paragone. Eravamo più che pronti a partire a marzo, dopo un periodo davvero intenso e importante per le attività spaziali del nostro Paese, basti pensare all’ultima Ministeriale Esa. Il lancio del Vega rappresentava il risultato di questa corsa, a dimostrare quanto l’Italia prende sul serio lo spazio. Una storia di grande successo quella del Vega che ha inanellato 14 lanci di successo uno dietro l’altro, un fatto assolutamente non scontato nel trasporto spaziale. Oggi – osserva Saccoccia – guardiamo tutti con ammirazione a SpaceX dimenticando i tanti fallimenti lungo il suo cammino. Vega invece ha funzionato preciso come un orologio per 14 lanci e poi c’è stato un incidente, statisticamente prevedibile. Fatto tesoro di quanto emerso dall’indagine, eravamo pronti a ripartire a marzo e, ahimè, è arrivato il Covid. E veramente ci siamo fermati sulla rampa di lancio, tanto che prima della chiusura della base di Kourou per il lockdown sono state prese una serie di misure per mettere in sicurezza il lanciatore e i payload”.

A proposito di payload, con la missione VV16 Vega sarà equipaggiato con il nuovo SSMS-Small Spacecraft Mission Service, il dispenser europeo in grado di portare in orbita un gran numero di micro e nanosatelliti, pensato per venire incontro alle esigenze di questa fetta di mercato, di clienti sia istituzionali che commerciali, abbassando anche considerevolmente i costi di lancio.

“Vega è già stato pensato per fornire una vasta gamma di servizi di messa in orbita, ora con SSMS si aggiunge la capacità di portare in orbita una grandissima quantità di piccoli satelliti che sono un’utenza di grande interesse oggi. Lo sviluppo di tecnologie sempre più miniaturizzate consente oggi a satelliti come i Cube-Sat – fino a qualche tempo fa utilizzati solo come dimostratori – di offrire servizi competitivi, di sviluppare business. Ci sarà sempre più richiesta di questo tipo di payload e con SSMS adeguiamo il Vega a questo tipo di utenza e siamo pronti anche all’adeguamento richiesto dall’entrata in servizio di Vega-C. Da oggi quindi l’Europa è pronta a offrire questo servizio”.

Grazie a SSMS Vega porterà in orbita ben 53 tra micro e nanosatelliti a beneficio di 21 clienti di 13 Paesi. In particolare in configurazione “rideshare” il lanciatore di Avio trasporterà sette microsatelliti del peso da 15 a 150 kg, insieme a 46 CubeSats più piccoli destinati a varie applicazioni, tra cui l’osservazione della Terra, le telecomunicazioni, la scienza, la tecnologia e l’educazione. C’è anche l’Italia a bordo di Vega?

“Ci sono due componenti italiane. DIDO-3, un laboratorio di microgravità composto da 3U CubeSat di Spacepharma, azienda svizzero-israeliana, frutto della collaborazione tra l’ASI e l’Agenzia Spaziale Israeliana (ISA) e di un accordo tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano e il Ministero della Scienza e Tecnologia israeliano, costituito da una piattaforma a controllo remoto con a bordo quattro esperimenti congiunti italo-israeliani da eseguire in microgravità. Con DIDO-3 saranno portati in orbita quattro esperimenti di biologia, chimica e microbiologia in cui sono coinvolte l’Università di Napoli Federico II, l’Università di Roma Tor Vergata, l’Università di Bologna e l’Università di Roma Tre. Il secondo ‘passeggero’ italiano è ION CubeSat Carrier (In Orbit NOW), sviluppato dalla società D-Orbit; un vero e proprio satellite che ha la funzione di trasportatore di CubeSats, di ingombro ridotto e del peso di circa 150 kg di massa complessiva”.

Il lancio di Vega dalla base spaziale europea di Kourou segna dunque in qualche modo la ripartenza dopo un periodo molto difficile per tutti. Che impatto ha avuto la pandemia sul settore spaziale italiano? Come ha reagito l’Agenzia spaziale italiana?

“Ovviamente l’impatto maggiore c’è stato sul settore della produzione, le limitazioni all’accesso agli stabilimenti hanno sicuramente rallentato la produzione che però sta ripartendo in modo significativo e dunque speriamo di recuperare in breve tempo il ritardo eventualmente accumulato. Tutto quello che invece è stato possibile gestire da remoto con lo smart working ha funzionato bene, forse anche meglio. La creatività delle persone – osserva Saccoccia – ha beneficiato dell’ambiente casalingo più confortevole. E questo lo si è visto ad esempio nel bando proposto durante la pandemia dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), in accordo con il Ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione Paola Pisano e il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega alle politiche per lo spazio Riccardo Fraccaro e promosso dall’Esa per stimolare progetti e idee innovative sui temi della salute e dell’educazione a distanza mediante l’uso di tecnologie spaziali per il Covid-19. La risposta alla call è andata al di là delle nostre aspettative: sono arrivate 130 proposte, di cui 98 da parte di operatori italiani. L’Agenzia Spaziale Italiana ha quindi quadruplicato il finanziamento previsto inizialmente, passato da 2,5 milioni a 10 milioni per finanziare un maggior numero di proposte italiane, anche in considerazione dell’alto livello qualitativo dei progetti riscontrato da ESA. Direi quindi che non ci siamo fermati. E ora stiamo correndo”.

A che cosa sta lavorando in particolare l’Italia?

“In ambito Esa, stiamo aspettando l’esito delle gare per le Sentinelle del programma di Osservazione della Terra Copernicus, satelliti importanti che genereranno un buon ritorno anche in termini di servizi utili al nostro pianeta. E poi ci stiamo concentrando sul prossimo programma americano di esplorazione lunare Artemis, per capire, al di là del contributo già ufficializzato attraverso Esa, cosa potremmo fare direttamente con gli americani a livello bilaterale. L’Italia – sottolinea Saccoccia – ha un ruolo di eccellenza nell’esplorazione sia umana che robotica e speriamo quindi di poter arrivare a una collaborazione con gli americani simile a quella che abbiamo avuto per la Stazione spaziale internazionale. Guardiamo alle possibilità che derivano dai moduli, sia per la stazione orbitante Gateway che per insediamenti abitativi da realizzare sulla superficie lunare. Nei mesi scorsi abbiamo impostato le condizioni per una possibile collaborazione, ora siamo impegnati con il nostro governo a perfezionarla, per arrivare a un accordo intergovernativo che faccia da cornice a successivi accordi tra Asi e Nasa. I tempi? Se siamo abili, direi che potremmo arrivare al traguardo in tempi molto brevi”.