Scoperti con un nuovo algoritmo 17 esopianeti di taglia terrestre

Dai dati della missione Kepler già analizzati con un altro metodo

MAG 24, 2019 -

Roma, 24 mag. (askanews) – Un gruppo di ricerca formato da astronomi del Max Planck Institute for Solar System Research (Mps), della Georg August University di Göttingen e del Sonneberg Observatory ha scoperto 17 nuovi esopianeti di dimensioni terrestri precedentemente sfuggiti alla ricerca. I loro risultati sono pubblicati nella rivista Astronomy & Astrophysics.

La scoperta è stata possibile grazie a un nuovo algoritmo, sviluppato dagli stessi ricercatori, con il quale hanno analizzato i dati riguardanti 517 stelle osservate dal telescopio spaziale Kepler della Nasa, stelle attorno alle quali erano già stati trovati altri pianeti. La novità non sta dunque nei dati, – spiega Media Inaf, il notiziario online dell’Istituto nazionale di astrofisica – ma nel metodo di analisi.

I nuovi pianeti scoperti hanno un raggio che va da circa il 70 per cento a poco più del doppio di quello della Terra. Un risultato notevole, se si considera l’intrinseca difficoltà di rilevare esopianeti di tipo terrestre, quindi di dimensioni ridotte. Tra i vari metodi per rilevare esopianeti, uno è quello che sfrutta i transiti del pianeta davanti alla sua stella: si registra la variazione della luminosità di una stella (la sua “curva di luce”) e si controlla se qualche diminuzione periodica di luminosità può essere dovuta a un pianeta che le orbita attorno. Trattandosi di una vera e propria “eclissi parziale”, è relativamente più facile osservare la variazione nella curva di luce di una stella con un pianeta di grandi dimensioni – dunque in grado di oscurare, a parità di distanza e posizione sulla linea di vista, una più ampia porzione della stella – rispetto alla variazione dovuta al transito di un piccolo pianeta di tipo terrestre, talmente bassa da essere spesso confusa con variazioni in luminosità fisiologiche della stella o con l’ineliminabile rumore presente in tutte le osservazioni.

“Gli algoritmi di ricerca standard tentano di identificare bruschi cali di luminosità – spiega René Heller del Mps, primo autore della pubblicazione – In realtà, però, il disco stellare appare leggermente più scuro sul bordo rispetto al centro. Ecco dunque che, quando un pianeta passa davanti alla propria stella, nella fase iniziale blocca meno luce stellare rispetto a quando si trova a metà del transito. Il massimo oscuramento della stella si verifica al centro del transito, poco prima che la stella diventi gradualmente più luminosa”. Il lavoro di Heller e colleghi dimostra che, prendendo in considerazione profili di curve di luce più realistici, che tengano conto di variazioni di luce di lieve entità e non brusche, è possibile distinguere anche pianeti di piccole dimensioni.

Quasi tutti i 17 nuovi pianeti scoperti orbitano vicinissimo alla propria stella, quindi hanno temperature troppo alte per viverci: temperature superiori ai 100 gradi centigradi, alcuni anche oltre i 1000 gradi. Quasi tutti tranne uno, che si trova invece nella fascia di abitabilità attorno alla sua nana rossa. Si trova cioè alla giusta distanza – quindi presenta la giusta temperatura – per avere acqua liquida sulla superficie: uno fra criteri ritenuti fondamentali per ospitare la vita, almeno per come la conosciamo sulla Terra.

Ed è proprio questo un limite delle nuove osservazioni: hanno rivelato pianeti vicinissimi alla propria stella, ma – confermano gli autori dello studio – potrebbero esserne sfuggiti altri di tipo terrestre che orbitano a maggiore distanza. Pianeti più distanti dalla propria stella impiegano, infatti, più tempo per completare l’orbita, e quindi per far registrare quella variazione della curva di luce tanto ricercata. Il risultato è comunque notevole: finora Heller e colleghi hanno esaminato solo poco più di cinquecento stelle, ma la missione Kepler ha dati per centinaia di migliaia di stelle. I ricercatori si aspettano di scovare almeno un altro centinaio di esopianeti di dimensioni terrestri finora sfuggiti agli algoritmi tradizionali.

“Questo nuovo metodo è anche particolarmente utile per preparare la prossima missione Plato (Planetary Transits and Oscillations of stars), che sarà lanciata nel 2026 dall’Agenzia spaziale europea”, ricorda Laurent Gizon, managing director del Mps. Plato andrà a caccia di nuovi esopianeti, specializzandosi proprio su pianeti di tipo terrestre attorno a stelle di tipo solare: il giusto campo nel quale testare nuovi algoritmi di rilevazione.