Scienza, Maffei: dialogo ambiente-cervello ritarda invecchiamento

Ai Lincei l'ideatore del protocollo Train the brain per Alzheimer

GIU 22, 2018 -

Roma, 22 giu. (askanews) – “Ambiente e cervello sono uniti da un matrimonio indissolubile, senza possibilità di divorzio; l’ambiente è l’insieme di stimoli che il cervello riceve dal mondo in cui vive e un cervello senza stimoli è praticamente in coma”. Con queste parole il neurofisiologo Lamberto Maffei, ha aperto la Conferenza conclusiva della cerimonia per la chiusura dell’Anno Accademico 2017-2018 dell’Accademia dei Lincei svoltasi oggi a Palazzo Corsini alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella.

Il Prof. Lamberto Maffei ha realizzato al Consiglio Nazionale delle Ricerche il protocollo Train the Brain per la prevenzione  contro l’invecchiamento del cervello e le patologie collegate come le demenze e l’Alzheimer. Per diffondere e rendere disponibile il protocollo a tutte le persone che possono averne bisogno è stata costituita la Fondazione IGEA Onlus www.fondazioneigea.it che ha realizzato a Roma con l’Università Sapienza un centro Train the Brain che è attivo da poche settimane.

Lo scienziato – Presidente Emerito dell’Accademia, già direttore dell’Istituto di Neuroscienze del Cnr, professore emerito alla Normale di Pisa – ha spiegato che di stimoli il nostro cervello, in quanto plastico cioè capace di cambiare struttura e funzione in risposta alle sollecitazioni, ha bisogno sempre, soprattutto nella fase ascendente della vita (subito dopo la nascita la plasticità è “incredibilmente alta”, siamo come spugne pronte ad assorbire tutto), ma anche in quella discendente che, lentamente, ci conduce alla vecchiaia. Invecchiamento a cui si associa un decadimento cognitivo, molto variabile da individuo a individuo, che colpisce alcune funzioni più di altre (come la memoria e la velocità di elaborazione) e su cui incidono sia fattori genetici – che a tutt’oggi non possono essere modificati – sia fattori ambientali che “sono invece modificabili e possono essere bersaglio di interventi sia preventivi che di recupero nei confronti del declino cognitivo con l’età”. Diversi studi suggeriscono che esercizio fisico e attività cognitiva migliorano lo stato complessivo di persone anziane sane. Interventi, dunque, che operano sul fronte della prevenzione.

Diverso il discorso relativo agli anziani colpiti da demenza senile e in particolare da demenza di Alzheimer che ad oggi – ha ricordato il Prof. Maffei – “non ha alcuna terapia benché da molto tempo le ricerche su questa terribile patologia siano in corso”. Patologia che “presenta fenomeni degenerativi del sistema nervoso centrale assai ingenti con aumento di sostanza amiloide (beta amiloide) prima in maniera diffusa, che comporta distruzione delle sinapsi, poi con la comparsa di ingenti placche extracellulari che distruggono i neuroni, con il risultato impressionante di un cervello raggrinzito che può essere così ridotto in volume da distare dalla teca ossea di un centimetro e più”. “Al momento – ha detto ancora Maffei – si calcola che il numero di persone affette da demenza si avvicini ai 40 milioni; statistiche del 2010 riportavano 36 milioni ma già nel 2030 si avvicineranno ai 70 milioni”.

Una malattia che pesa sull’individuo che ne è colpito e sulla sua famiglia, e che comporta un grave impegno economico. “Da consultazioni col MRC (Medical Research Council) risulta che un paziente Alzheimer costa circa 100.000 euro/anno tra spese mediche, badante e la perdita di lavoro di un familiare costretto ad occuparsi del malato”. Tra i fattori di rischio dell’Alzheimer è predominante l’età. “Le statistiche ci dicono che tra 65-69 anni l’incidenza della malattia è circa dell’1%, che aumenta poi tra i 70-74 al 3-4%; a 80 anni è circa del 15%, tra 85-89 22%; a 90 anni la statistica ci dice uno su due, 50%”.

In attesa di future terapie risolutive, che purtroppo sembrano allontanarsi nel tempo visto anche l’abbandono delle ricerche da parte di colossi farmaceutici come Pfizer, sono state messe in campo strategie terapeutiche che hanno lo scopo non di curare la malattia conclamata, al momento non curabile, ma di rallentare il suo decorso in soggetti a rischio. É nato così a Pisa su iniziativa del Prof. Maffei presso gli Istituti di Fisiologia Clinica e di Neuroscienze del Cnr, in collaborazione con l’Università di Pisa “Train the brain”, un percorso terapeutico di 7 mesi che coinvolge pazienti a rischio di demenza, che dopo una serie di accertamenti (imaging cerebrale, analisi), sono divisi in gruppi e per 3 mattine a settimana in un apposito reparto fanno esercizi motori, cognitivi e musicoterapia.

Al termine i test mostrano nella maggioranza dei pazienti “un miglioramento notevole che per molti di loro significa ritorno alla normalità”. Risultati “entusiasmanti” che rimangono tali anche se in grado lievemente minore a 7 mesi dalla fine della terapia. A distanza di una anno e poi di 18 mesi “si ha un peggioramento dei test cognitivi che rimangono tuttavia assai migliori” rispetto a quelli di pazienti che non hanno partecipato a “Train the brain”, che ora è in fase di realizzazione anche a Roma e partirà anche in Sardegna.

Risultati incoraggianti che mostrano la necessità di mantenere più che mai vivo il dialogo tra ambiente e cervello anche nell’anziano, soprattutto in un’epoca come la nostra dove la rapidità delle tecnologie e dei ritmi di vita quotidiana rischiano spesso di “ridurre in solitudine” l’anziano “con una pericolosa diminuzione delle afferenze verbali e sensoriali che – ha concluso il Prof. Maffei – non possono che accelerare il suo declino cognitivo”.