Ricerca, Italia colmi carenze per non perdere occasione fondi Ue

Al Cnr evento di APRE e Miur su prossimo programma quadro europeo

DIC 12, 2017 -

Roma, 12 dic. (askanews) – “Dobbiamo lavorare da subito per superare le debolezze” del nostro Paese nel campo della ricerca “altrimenti non potremo competere”. A dirlo Luigi Nicolais, già presidente del Cnr ed ex ministro per le riforme e le innovazioni nella PA, oggi coordinatore della segreteria tecnica per le politiche della ricerca del Miur intervenendo all’evento “Verso il 9° programma quadro di ricerca e innovazione – L’Italia e la sfida europea”, organizzato dall’Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea (Apre) e dal Miur con la collaborazione del Cnr che ha ospitato i lavori. Giornata dedicata a ribadire la necessità che il programma europeo per la ricerca che succederà a Horizon 2020 sia ambizioso, equilibrato, inclusivo ed efficace con una dotazione finanziaria all’altezza delle sue ambizioni e per avviare un confronto tra i principali attori della ricerca e dell’innovazione italiane che dovrà diventare serrato e produttivo nei prossimi mesi in vista della presentazione da parte della Commissione europea, entro il primo semestre 2018, della sua proposta per il 9° programma quadro. FP9 che punta a un approccio mission-oriented e potrebbe vedere la nascita del Consiglio europeo per l’Innovazione che, nelle intenzioni del commissario europeo per Ricerca, Scienza e Innovazione Carlos Moedas, dovrebbe raggruppare in un unico strumento tutti gli schemi di finanziamento dell’Ue destinati all’innovazione.

“In Italia abbiamo pochi ricercatori e con stipendi bassi – ha detto ancora Nicolais – chi vince un Erc (uno dei premi assegnati dall’European Research Council, ndr) va all’estero. Il governo che verrà dovrà cercare di risolvere questi problemi”. Per la ricerca “serve una regia forte” e anche più vicinanza tra i diversi ministeri, “come ho sempre auspicato” ha concluso Nicolais. Di carenze da colmare ha parlato anche il presidente di APRE, Alessandro Damiani. “L’Italia ha un grande patrimonio di eccellenze scientifiche che vanno valorizzate”, ma anche “carenze che dobbiamo rapidamente correggere: scarsi investimenti sia pubblici che privati in Ricerca e Innovazione; pochi ricercatori (più o meno la metà rispetto a Francia, Germania e Gran Bretagna); propensione al rischio esitante”.

Guardando a Horizon2020, l’attuale programma di ricerca europeo, “il tasso di partecipazione dell’Italia in termini di ritorno finanziario è dell’8% – ha detto Damiani – che ci colloca al quinto posto in Europa dopo Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna, e del 9,5% se guardiamo invece al numero di ricercatori partecipanti. Quanto al tasso di successo (i progetti cioè che vengono finanziati) siamo al 10% mentre la media Ue è del 13%”. Il tasso medio di successo di H2020 del 13% vuol dire che passa una proposta su 8, un budget per FP9 più consistente consentirebbe di elevare questo indicatore. “Abbiamo bisogno – ha detto ancora Damiani – di un budget Ue sostanzioso, all’altezza degli obiettivi, serve coraggio lungimirante per investire in ricerca. Il Parlamento europeo ha avuto questo coraggio ipotizzando una dotazione intorno ai 100 miliardi (la dotazione di H2020 è di 80 mld, ndr) per il prossimo ciclo di 7 anni”.

Tre le linee su cui secondo Damiani occorre lavorare: valorizzare le eccellenze e far emergere le potenzialità per aumentare il tasso di successo; aumentare gli investimenti e il numero di ricercatori, “pensando anche a un programma quadro nazionale rivolto a soggetti pubblici e privati”; far sentire di più la voce dei ricercatori qui e a Bruxelles, ad esempio istituendo “un tavolo di consultazione permanente su ricerca e innovazione”.

(segue)