Missione Juno, Negri (Asi): strumenti italiani motivo di orgoglio

Presentate le osservazioni condotte da JIRAM su aurore di Giove

NOV 9, 2017 -

Roma, 9 nov. (askanews) – Gli strumenti italiani a bordo della sonda della Nasa Juno “stanno dando grandi soddisfazioni” e sono “motivo di grande orgoglio”.

A dichiararlo Barbara Negri, responsabile dell’Unità di esplorazione e osservazione dell’Universo dell’Agenzia spaziale italiana, aprendo, nella sede dell’agenzia, l’evento “Missione Juno a Giove: un anno di osservazioni con il Jovian Infrared Auroral Mapper (Jiram)”, durante il quale sono state presentate le osservazioni più significative condotte finora da uno dei due strumenti (l’altro è l’esperimento di radioscienza KaT) a bordo della sonda, che rappresentano la partecipazione italiana alla missione lanciata nel 2011 con l’obiettivo di studiare il pianeta.

“La Nasa – ha aggiunto Negri – è estremamente contenta della partecipazione italiana a Juno”. Per l’agenzia spaziale statunitense l’Italia, ha sottolineato, è un partner “molto affidabile”. “Sulla scelta dell’Italia come partner Nasa per la prossima missione Ixpe (satellite che sarà lanciato nel 2020 per misurare la polarizzazione di sorgenti celesti che emettono raggi X, a cui l’Italia contribuirà per la parte di strumentazione scientifica con tre Gas Pixel Detectors, NdR) – ha sottolineato Barbara Negri – ha pesato molto l’affidabilità mostrata proprio con la missione Juno”.

Di risultati “sorprendenti” ha parlato Alberto Adriani, Primo Ricercatore Inaf-Iaps e responsabile di Jiram, che nella sede dell’Asi ha presentato alcune osservazioni condotte dallo strumento “costruito primariamente per fare le mappe e studiare le aurore gioviane, ma che, per le sue caratteristiche, può essere utilizzato anche per studiare l’atmosfera e le radiazioni intorno al pianeta”. Jiram è stato costruito per studiare le aurore di Giove nell’infrarosso e le osservazioni spettroscopiche sono utilizzate per studiare le nubi e misurare l’abbondanza di alcune specie chimiche come l’acqua e l’ammoniaca.

Lanciata nel 2011, la missione Juno nel luglio dell’anno scorso ha raggiunto l’orbita di Giove, pianeta che ha una massa 300 volte quella della Terra e un volume tale che potrebbe contenere 1300 pianeti come la terra. “In questo primo anno di attività – ha spiegato Adriani – abbiamo potuto osservare Giove con una risoluzione mai raggiunta prima e, per la prima volta, abbiamo osservato l’aurora del sud che non è molto visibile da Terra”.

Non solo. “Abbiamo anche scoperto come sono fatte le zone polari del pianeta che dalla Terra non sono assolutamente visibili”, osservando “una struttura di cicloni che caratterizzano la dinamica delle zone polari”. Gli studi sulle aurore ricavati dalle osservazioni di Jiram “hanno messo a disposizione della comunità scientifica dati finora non disponibili”.

Jiram è montato sul ponte di coda della sonda ed è equipaggiato con uno specchio di “de-spinning” per compensare la rotazione della sonda e quindi mantenere stabile la scena durante l’acquisizione dati. Per mappare in modo completo il pianeta la missione Juno prevede 32 orbite, che rappresentano il traguardo di fine missione inizialmente indicato nel 2018, poi slittato per il periodo orbitale più elevato (da 14 a 53 giorni) che di fatto ha allungato la sua durata.

“I risultati raggiunti finora dai due esperimenti italiani – ha sottolineato Christina Plainaki, Planetary and Solar System Scientist di Asi – sono il risultato di una sinergia efficientissima tra l’Agenzia spaziale italiana, l’industria italiana, gli enti pubblici di ricerca e le università”.