Onde gravitazionali, Unipd: la lunga caccia raccontata in un libro

Il 29 a Palazzo del Bo presentazione "Primi a vederle" di A. Macciò

SET 27, 2017 -

Roma, 27 set. (askanews) – Predette nel 1915 da Albert Einstein con la teoria della Relatività generale e pedinate dagli anni ’60 con antenne sempre più sofisticate, le onde gravitazionali sono rimaste un mistero per cent’anni esatti. Tra passi avanti come l’osservazione indiretta del 1974, premiata con il Nobel per la Fisica a Russel Hulse e Joseph Taylor nel 1993, e occasioni perse come la supernova del 1987, esplosa nella nube di Magellano proprio mentre tutti i rivelatori sparsi per il mondo erano spenti, nessuno era mai riuscito a vedere le fugaci increspature dello spaziotempo, scaturite da fenomeni catastrofici distanti milioni di anni luce.

Fino al 14 settembre 2015 quando due interferometri (rivelatori) della collaborazione internazionale Ligo-Virgo hanno captato un segnale del loro passaggio e hanno trasmesso l’allarme all’unico software programmato per elaborarlo in maniera tempestiva: i primi a vederlo sono stati Gabriele Vedovato del gruppo Infn Padova-Trento e Marco Drago del Max Planck Institute di Hannover, ex studente a Padova ed ex dottore di ricerca a Trento. Parte proprio da qui Alessandro Macciò. per raccontare nel libro “Primi a vederle. Le onde gravitazionali, la scoperta del secolo e i ricercatori del gruppo Infn Padova-Trento” (Padova University Press) – che sarà presentato il 29 settembre alle 21 nell’Aula Gabbin di Palazzo del Bo – la storia di una sfida “lunga sessant’anni, sfiancante e dispendiosa, che aveva suscitato sconforto e scetticismo tanto nella scienza quanto nell’opinione pubblica per l’apparente inconcludenza degli sforzi messi in campo”.

Oltre a raccontare le premesse e le implicazioni di quanto accaduto il 14 settembre 2015, “Primi a vederle” – spiega l’Università di Padova – ripercorre l’appassionante storia della caccia che ha coinvolto i laboratori del Nordest, sullo sfondo delle svolte legate al progresso scientifico: dalle pionieristiche “barre di Weber” ai moderni interferometri, passando per le antenne criogeniche della rete IGEC (International Gravitational Event Collaboration).

Il software che ha riconosciuto il segnale non è stato l’unico contributo del gruppo Padova-Trento allo studio delle onde gravitazionali: un’ampia parte del libro è dedicata ad Auriga, l’antenna criogenica costruita nei laboratori Infn di Legnaro (PD) su impulso di Massimo Cerdonio e Stefano Vitale, che ha mantenuto a lungo il titolo di rivelatore più sensibile del mondo e ha forgiato molti ricercatori. Nel libro – sottolinea Unipd – c’è spazio per molte altre eccellenze del territorio: Vitale coordina eLisa Pathfinder, progetto dell’Esa che punta a lanciare in orbita un interferometro spaziale; i fisici teorici di Padova e Trieste collaborano a Planck, missione dell’Esa che studia la radiazione cosmica di fondo e smentisce l’avvistamento annunciato nel 2014 dal team americano bicep; gli esperti di ottica quantistica equipaggiano l’interferometro di Virgo; il gruppo Inaf Padova di Michela Mapelli ha ispirato un articolo sulle novità astrofisiche della scoperta; Alvise Raccanelli, ricercatore a Baltimora, ha pubblicato un articolo che ipotizza una relazione tra le onde gravitazionali del 14 settembre 2015 e la materia oscura; Tito Dal Canton, collega di Drago ad Hannover, ha realizzato il sistema che il 25-26 dicembre 2015 compie la seconda rivelazione.