Astronomia, stelle che da piccole ruotano veloci invecchiano bene

Nelle nubi di Magellano. Su Nature Astronomy studio di 6 italiani

LUG 25, 2017 -

Roma, 25 lug. (askanews) – Le stelle apparentemente più giovani osservate di recente dallo Hubble Space Telescope in tre ammassi delle nubi di Magellano (Ngc 1755, Ngc 1850 e Ngc 1856) sono in realtà stelle che una volta ruotavano molto velocemente, e che da poco tempo sono rallentate. A parità di massa, le stelle più “sedentarie”, quelle che ruotano lentamente, vivono meno a lungo delle stelle che ruotano rapidamente. E in qualche modo una stella che diventa “sedentaria” solo dopo una vita passata da stella velocemente rotante si trova con un’età “nucleare” meno avanzata: nasconde bene i segni del tempo. E’ quanto spiegano in uno studio appena pubblicato su Nature Astronomy sei ricercatori italiani.

Gli ammassi massicci e giovani, quelli con età inferiore a circa 400 milioni di anni, delle nubi di Magellano – si legge su Media Inaf, il notiziario online dell’Istituto nazionale di astrofisica – sono di recente passati alla ribalta perché le osservazioni multibanda dall’ultravioletto al vicino infrarosso di Hubble Space Telescope (guidate da Antonino Milone, secondo autore dell’articolo uscito oggi su Nature Astronomy) hanno mostrato la presenza di uno sdoppiamento (split) della sequenza principale. La stessa squadra coinvolta nella ricerca attuale ha mostrato che la separazione delle sequenze è compatibile solo con la presenza di due diverse popolazioni di stelle che ruotano intorno al loro asse in maniera molto diversa, o lentamente o molto rapidamente. Come mai questo avvenga, cioè perché nello stesso ammasso osserviamo oggi stelle con velocità di rotazione così diverse tra loro e dalle rotazioni osservate nelle stelle che popolano il campo delle Nubi di Magellano ancora non è chiaro, e va probabilmente cercato in quello che accadde durante la formazione di queste strutture diverse decine di milioni di anni fa. Le osservazioni fotometriche recenti hanno evidenziato la presenza di una nuova popolazione di stelle (10-15 per cento) che, apparentemente, sembrano stelle appartenenti alla popolazione non rotante, ma che appaiono più giovani di un 25 per cento rispetto all’età dell’ammasso. Ma com’è possibile, si sono chiesti i ricercatori? E soprattutto: perché le osservazioni rivelano la presenza una popolazione di stelle più giovani solo tra la popolazione non rotante?

“Siamo convinti che queste stelle, che ricordano le blue stragglers osservate negli ammassi globulari galattici, siano invece stelle nate all’interno della popolazione fortemente rotante, che hanno recentemente rallentato” dice Francesca D’Antona, prima autrice dello studio. “Per questo appaiono oggi più giovani. Questa ipotesi è stata messa alla prova con l’aiuto di modelli stellari rotanti calcolati grazie a Syclist, un utile database di modelli stellari rotanti creato dai ricercatori del Dipartimento di astronomia dell’Università di Ginevra. Questo database è stato inizialmente pensato per fornire tracce evolutive di stelle molto più massicce di quelle qui in esame (10-50, rispetto a 4-6 masse solari), ma ha fornito gli elementi necessari per studiare le popolazioni di questi ammassi e ha portato a questo interessante risultato, che però andrebbe confermato con modelli ulteriori, che includano altri meccanismi di frenamento della rotazione”.

“Non è un caso che proprio la rotazione stellare – aggiunge Marcella Di Criscienzo dell’Inaf di Roma, che insieme a Marco Tailo si è occupata di produrre le simulazioni pubblicate nell’articolo, – sia stata individuata come una delle questioni chiave nel campo della evoluzione stellare nel corrente piano di visone strategica dell’Inaf, su cui è necessario investire nei prossimi anni per risolvere molte delle questioni rimaste ancora aperte. Ma, nell’attesa di nuovi modelli, in questo lavoro suggeriamo possibili strade per mettere alla prova la nostra ipotesi. Per esempio, studiando le abbondanze di carbonio, azoto e ossigeno delle stelle che stanno concludendo la fase di combustione centrale di idrogeno. Se la nostra intuizione è vera, ci aspettiamo la stessa abbondanza di carbonio, azoto e ossigeno tra le stelle appartenenti alla sequenza rossa e quelle luminose che invece popolano la sequenza blu. Se, al contrario, le due popolazioni sono nate con velocità di rotazione diversa ci aspettiamo differenze misurabili soprattutto nel rapporto tra l’abbondanza di azoto e carbonio”.

I sei firmatari dell’articolo sono Francesca D’Antona (in pensione e con molti successi scientifici alle spalle, non ce la fa a stare lontano dalla ricerca), Antonino Milone (dopo dieci anni passati tra Canarie e Australia, – spiega Media Inaf – sta per tornare in Italia portando con sé uno starting grant dello European Research Council da 700mila euro da reinvestire nella ricerca italiana), Marco Tailo (che da grande vuole fare il ricercatore e oggi passa parte del suo tempo alla ricerca di un post-dottorato magari all’estero), Paolo Ventura (rimasto nel nostro Paese, oggi è a capo di un gruppo di ricerca giovane e dinamico all’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Roma), Enrico Vesperini (che da molti anni vive e fa ricerca negli Stati Uniti) e Marcella Di Criscienzo (che ha firmato da poco un contratto da ricercatrice a tempo indeterminato all’Inaf).