Dalla Terra la conferma: nel mirino di Kepler 104 nuovi pianeti

Giganti telescopi hanno fatto da spalla al cacciatore Nasa

LUG 19, 2016 -

Roma, 19 lug. (askanews) – Centoquattro nuovi pianeti confermati, un bottino frutto dell’attività congiunta del cacciatore di esopianeti della Nasa Kepler, a qualche milione di km dalla Terra, e di telescopi terrestri giganti.

Un bottino ancora più apprezzabile visto che – come spiega Media Inaf, il notiziario online dell’Istituto nazionale di astrofisica – il telescopio spaziale Kepler ha dovuto rivedere nel tempo i suoi obiettivi a causa di un componente fondamentale andato fuori uso 3 anni fa. Creatività, ottimismo e ingegno hanno dato vita alla missione K2, la cosiddetta second light: un riadattamento in corsa degli obiettivi e della strategia osservativa originale di Kepler che sta dando grandi soddisfazioni. Ultima in ordine di tempo, in uscita su Astrophysical Journal Supplement Series, la scoperta di oltre cento nuovi pianeti.

Kepler (o meglio K2), non potendo più concentrarsi esclusivamente sul suo bersaglio iniziale – ricerca di pianeti simili alla Terra, attorno a stelle simili al Sole, in una ben precisa fettina di cielo dell’emisfero nord – e non essendo più in grado di fare tutto da solo, ha ampliato il terreno di caccia e ha delegato ai telescopi terrestri alcuni compiti.

Tipicamente, – spiega Media Inaf – ciò che avviene è che, quando il telescopio spaziale Nasa individua potenziali esopianeti, l’onere di caratterizzarli e di confermare che di veri pianeti si tratta viene delegato a telescopi terrestri. Dei 197 mondi in sospeso finiti nel mirino di K2, 63 sono rimasti tali, 30 si sono rivelati falsi positivi ma ben 104 hanno ottenuto l’ambito bollino di pianeta extrasolare confermato. A conferirlo, dopo attento follow-up, una “squadra” che comprende quanto di meglio esista oggi sulla Terra per l’osservazione del cielo: i due gemelli da 10 metri dell’osservatorio del Keck, in cima al vulcano dormiente di Manua Kea (Hawaii), la coppia di occhi da oltre 8 metri di diametro ciascuno del Gemini Observatory (uno anch’esso alle Hawaii, l’altro in Cile), il 2,4 metri robotico Automated Planet Finder, in California, ed LBT, il telescopio binoculare di Mount Graham, in Arizona, per un quarto di proprietà Inaf.

Fra i nuovi pianeti, 4 più degli altri suscitano curiosità: fanno parte dello stesso sistema planetario, hanno dimensioni paragonabili a quelle della Terra (dal 20 al 50 percento in più) e potrebbero essere – si attendono conferme – tutti e quattro rocciosi. Potrebbero anche essere adatti a ospitare la vita? Non si può escludere, dice il primo autore dello studio, Ian Crossfield, dell’Università dell’Arizona. Benché orbitino a distanza molto ravvicinata rispetto alla stella madre, inferiore a quella che separa Mercurio dal Sole, la stella in questione è piccola e debole. Due dei quattro pianeti, in particolare, – conclude Media Inaf – ricevono un flusso di radiazioni paragonabile a quello che il Sole riversa sulla Terra.