Nasa, missioni assicurate con nuova produzione di plutonio-238

Torna al materiale per propulsione prodotto fino a 30 anni fa

DIC 23, 2015 -

Roma, 23 dic. (askanews) – Sono bastati 50 grammi di plutonio-238 per poter far dire alla Nasa di essere tornata ad avere quella capacità di alimentazione per le missioni spaziali che mancava da 30 anni, con gli Stati Uniti che devono ringraziare il Dipartimento dell’Energia dell’Oak Ridge National Laboratory.

Era infatti dalla fine degli ’80, cioè dalla chiusura del Savannah River Plant in Carolina del Sud, che non avveniva una produzione completa di Plutonio-238, fino a quel momento invece ampiamente garantita dalle esigenze belliche della “Guerra Fredda”.

Adesso, dopo l’assottigliamento delle scorte nei decenni passati, la Nasa può tornare a pensare in grande per la propulsione delle proprie missioni. Al momento ci sono solo 35 chilogrammi di plutonio-238 destinati alle missioni della Nasa, e solo la metà di questa fornitura rispetta le specifiche per il suo utilizzo. Questo è sufficiente per alimentare due o tre delle missioni previste per la metà degli anni 2020.

Il Plutonio-238 infatti, come ricorda Media Inaf, il notiziario online dell’Istituto nazionale di astrofisica, produce calore decadendo e può essere utilizzato nei sistemi di propulsione o produzione energetica dei sistemi spaziali. Il nuovo campione di plutonio-238 sarà adesso analizzato per purezza chimica e qualità del contenuto isotopico.

“Una volta automatizzato il processo, la nazione avrà una capacità a lungo raggio per la produzione di sistemi di alimentazione radioisotopi come quelli utilizzati dalla Nasa per l’esplorazione dello spazio profondo”, afferma Bob Wham, che guida il progetto per la sicurezza nucleare dell’Isotope Technology Division Laboratory.

Il successo di Wham e dei suoi ingegneri arriva due anni dopo che la Nasa ha deciso di finanziare la ricerca con 15 milioni di dollari. Il materiale aggiuntivo che sarà nuovamente prodotto presso può essere miscelato con la parte esistente che non soddisfa le specifiche per aumentare il materiale utilizzabile.

Con la continuità dei finanziamenti, la Nasa potrà contare inizialmente con la produzione di 300 a 400 grammi di materiale ogni anno e poi, attraverso processi di automazione e scale-up, con una media produttiva di 1,5 chilogrammi all’anno. “Con questa produzione iniziale abbiamo dimostrato che il nostro processo funziona e siamo pronti a passare alla fase successiva della missione”, ha concluso Wham.

La prossima missione Nasa che si ritiene possa utilizzare un generatore di radioisotopi termoelettrico è il Mars Rover 2020, il cui lancio è previsto per il luglio di quell’anno. La missione cerca segni di vita su Marte e metterà alla prova la tecnologia per l’esplorazione umana raccogliendo campioni di rocce e terreno che dovrebbe riportare sulla Terra.