Nature, il vagito del magnetar è un lunghissimo lampo gamma

Osservato da team internazionale con ricercatori Inaf

LUG 8, 2015 -

Roma, 8 lug. (askanews) – Scoperto, per la prima volta, il legame esistente tra un lampo di raggi gamma durata assai a lungo e l’esplosione di una supernova luminosissima.

Lo spiega un team internazionale di scienziati tra cui ricercatori italiani e dell’Inaf, in un articolo sulla rivista Nature evidenziato da Media Inaf, il notiziario online dell’Istituto nazionale di astrofisica: dall’eccezionale evento si sarebbe prodotta una stella di neutroni ‘super magnetica’ e in rapidissima rotazione.

Per produrre un lampo di raggi gamma estremo come GRB111209A, durato oltre tre ore contro una media di qualche decina di secondi al massimo, ci vuole un motore altrettanto estremo: una stella di neutroni, dove una quantità di materia pari a quella del nostro Sole è compressa in una sfera del raggio di appena 10 chilometri. Ma non basta: essa, rispetto alle tipiche stelle di neutroni, è dotata di un campo magnetico cento volte maggiore (centomila miliardi di gauss, ovvero circa trecentomila miliardi di volte il campo magnetico terrestre) e di una velocità di rotazione di appena qualche millesimo di secondo. Un simile mostro prende il nome di magnetar.

Sono queste le conclusioni di un lavoro condotto dal team internazionale di scienziati guidati da Jochen Greiner del Max-Planck Institute for Extraterrestrial Physics in Germania.

La scoperta del GRB111209A nel dicembre del 2011 grazie al satellite Swift fece scalpore tra gli astrofisici, in quanto la sua durata era incomparabilmente maggiore di tutti gli altri lampi di raggi gamma classificati come lunghi, che si attestano tra qualche secondo e qualche minuto. Tanto da farlo diventare il prototipo di un nuovo gruppo di GRB, quelli ultra-lunghi. Le analisi condotte sulla radiazione emessa a lunghezze d’onda che vanno dai raggi X fino alle onde radio, condotte in sinergia con strumenti da terra e dallo spazio, hanno rivelato che l’esplosione è avvenuta a una distanza di 8 miliardi di anni luce rilasciando un’energia sterminata: un miliardo di miliardi di miliardi di volte quella consumata in un anno da tutta la popolazione della Terra. Ma hanno rivelato un altro sorprendente evento: oltre al lampo di raggi gamma, la camera Grond installata al telescopio da 2,2 metri dell’ESO a La Silla sulle Ande cilene ha catturato, nella luce visibile e nell’infrarosso, la tipica curva di luce dell’esplosione di una supernova.

Nel team che ha condotto lo studio, oltre a Elena Pian hanno partecipato anche i ricercatori italiani Andrea Rossi (Thüringer Landessternwarte Tautenburg, Germania e Inaf-IASF Bologna), Paolo Mazzali (Astrophysics Research Institute, Liverpool, Regno Unito e Max-Planck-Institut für Astrophysik, Garching, Germania, associato Inaf) e Sandra Savaglio (Max-Planck-Institut für Extraterrestrische Physik, Garching, Germania e Università della Calabria).