Senza Renzi, governo in bilico nelle commissioni parlamentari

Esecutivo sotto in quasi tutte quelle del Senato se Iv all'opposizione

GEN 19, 2021 -

Roma, 19 gen. (askanews) – “Non si può cancellare quel che è accaduto”, ha detto Giuseppe Conte, chiudendo la porta in faccia a Italia Viva. Ma se il premier dovesse passare indenne anche il voto di fiducia, previsto per questa sera al Senato, e quindi avere la maggioranza in entrambe le aule parlamentari anche senza i renziani, sarà comunque complicato cancellarli e fare a meno di loro nelle commissioni parlamentari. In attesa che le commissioni vengano riequilibate dopo le novità nella composizione della maggioranza – ad esempio l’allargamento di alcune componenti del Misto o l’uscita di Renata Polverini da Fi – la fotografia attuale è impietosa per il governo Conte.

Al Senato Pd, Leu, M5s e i ‘volenterosi’ del Misto hanno la maggioranza senza Iv soltanto nelle commissioni sesta, nona e undicesima, cioè Finanze, Agricoltura e Lavoro. Nelle altre, se i renziani dovessero passare dall’astensione al voto con l’opposizione, si andrebbe al pareggio (che, da regolamento, vale come una bocciatura) o alla sconfitta. Senza contare che a palazzo Madama è di Italia Viva la presidenza della commissione Sanità. In Bilancio, poi, dove ci sarà da approvare il decreto Ristori 5: sia Renzi che il centrodestra hanno fatto sapere che non faranno mancare il proprio appoggio ma, con i voti così determinanti, non prima di vedere accolti gli emendamenti che ritengono dirimenti.

Va meglio – ma non troppo – alla Camera dove Iv presiede le commissioni Finanze con Luigi Marattin e Trasporti con Raffaella Paita. Se i renziani decidessero di votare con l’opposizione si andrebbe a un pareggio in commissione Affari Costituzionali, Giustizia, Difesa ed Esteri. La ‘nuova’ maggioranza sarebbe tale in Bilancio, Finanze, Cultura, Ambiente, Lavoro, Affari Sociali, Agricoltura, Politiche Ue. Mancherebbero i voti invece in Trasporti e Attività produttive.

La prima grana sarà il decreto Milleproroghe che scade il primo marzo. È fermo alla Camera, in prima lettura, non sono neanche state fatte le audizioni, in attesa si risolva la crisi di governo. Il provvedimento è assegnato alle commissioni Affari Costituzionali e Bilancio e per portarlo avanti toccherà necessariamente scendere a compromessi con il centrodestra o con Italia Viva. La previsione è che il decreto, che da diversi anni si caratterizza per essere una diligenza assalita dalle norme più variegate durante l’esame parlamentare, ne uscirà ‘gonfiato’ più che mai.